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mercoledì 14 luglio 2010

RIFLESSIONI E PARADOSSI


INFORMAZIONE  O  LAPIDAZIONE


Io non ci sto!
I giornali in Italia non sono ne organi di informazione e ne di criticaa\culturale
La presunzione di innocenza vale sino al terzo grado!!! Salvo che dinazi a prove schiaccianti gli indagati non hanno difese umane; e tuttavia anche sui patteggiamenti ci sarebbero da riempire libri a tutela degli imputati.
I giornali in Italia si sostituiscono ai giudici, in Italia i giornali sono come "le commare nei condomini".


Un paese tra le mani della disinformazione, una carovana di giornalisti che sguazzano nelle veline giudiziarie.
Un paese di pubblici ministeri a rincorrere gloria, una casta di laureati pronti a scioperare per 200 euro in meno a fronte di stipendioni da 100.000 euro l'anno in su.


Vogliamo solamente citare per clamore l'ultimo caso giornalistco-giudiziario? Il Procedimento penale a Filippo Pappalardi, papà di Ciccio e Tore, sbattuto come il super mostro su tutti i media, evidenziando con immagini la sua carcerazione; di contro la Cassazione ritenne che quell'uomo non andava carcerato.
Ognuno di noi può esprimere opinioni, pareri, perplessità, ma il giudizio morale e penale verso gli altri è attribuito ai giudici, con tutti i loro limiti e i loro errori. 


Non è necessario per l'opinione pubblica, evidenziare i nomi degli arrestati ma è sufficiente citare il ruolo che ricoprono in quella azienda o amministrazione, poichè è il loro datore di lavoro il primo ad essere parte offesa e quindi ben può tutelare, con i mezzi giuridici, se stessa e gli interessi della collettività. Lo stesso dicasi per i politici, i loro partiti ricevuta la notizia dall'autorità giudiziaria dovrebbero sospendere la loro carica e il ruolo istituzionale.
Non occorre una legge per i giornalisti, ma un codice di autodisciplina!

---------------------------------------LA STAMPA ITALIANA---------------------------------.
Sanità, interrogatori al via dal gip Colella e Del Re


L'indagine riguarda tre gare pubbliche milionarie indette dalla Asl di Bari tra il 2008 e il 2009 per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti nelle strutture sanitarie e per il completamento delle attrezzature e degli arredi di laboratorio dell'Oncologico di Bari
Sono cominciati questa mattina e sono in corso gli interrogatori di garanzia di due delle cinque persone agli arresti domiciliari da sabato scorso perchè indagate in una delle inchieste della Procura di Bari sulla sanità pugliese in cui è coinvolto anche l'ex assessore regionale alla Salute Alberto Tedesco.


Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip Vito Fanizzi su richiesta dei pm Desirè Digeronimo, Marcello Quercia e Francesco Bretone. Oggi vengono interrogati Nicola Del Re, dirigente della Asl di Bari e Antonio Colella, ex capo area gestione patrimonio della stessa Asl. Giovedì prossimo, invece, saranno interrogati Michele Columella, legale rappresentante della società Viri di Altamura che si occupa dello smaltimento di rifiuti, Francesco Petronella, titolare di fatto della stessa società e l'altro dirigente della Asl di Bari, Filippo Tragni.
L'inchiesta
Affari sporchi nella sanità: altri 5 arresti
Rifiuti e appalti pilotati: indagato il senatore Tedesco
La notifica a tre manager Asl e due imprenditori


BARI - Nuovo capitolo del business illegale e delle gare d’appalto truccate o pilotate nella sanità pugliese. Questa volta l’inchiesta che ha portato a nuovi cinque arresti è quella di Desireé Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia, l’altro pool di magistrati che indaga su quella fetta del malaffare che ha gestito illegalmente «l’impresa sanità» in cui è coinvolto l’ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco, ora senatore del Pd. Le persone arrestate ieri dai carabinieri sono tre dirigenti dell’Asl Bari, Antonio Colella, Nicola Del Re e Filippo Tragni e due imprenditori, il legale rappresentante dell’azienda Vi.Ri. Michele Columella, e il titolare di fatto della stessa società, Francesco Petronella. A tutti è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Sergio Fanizzi: a vario titolo vengono contestate la corruzione, la turbativa d’asta e il concorso in violazione del segreto istruttorio.


Il gip ha condiviso l’impianto accusatorio della Procura ma ha respinto la richiesta di arresto per il genero e il segretario di Tedesco, Elio Rubino e Mario Malcangi, «ma è stato riconosciuto l’intero impianto accusatorio» ha spiegato il procuratore capo Antonio Laudati. Ad ogni modo la Procura ha annunciato il ricorso al Tribunale del Riesame. Nell’inchiesta il senatore Tedesco è indagato per turbativa d’asta, concorso in violazione del segreto d’ufficio e corruzione. «L’indagine - è scritto in una nota della Procura - ha consentito di far luce su un torbido ed illecito intreccio fra il management sanitario e l’imprenditoria operante nel settore e il coinvolgimento dell’ex assessore regionale Tedesco nei cui confronti sono al vaglio degli inquirenti ulteriori vicende sospette». Nelle intercettazioni captate dai carabinieri gli indagati fanno riferimento a nomi di politici: tra questi Nichi Vendola, Massimo D’Alema e Dario Franceschini, che non risultano coinvolti in nessun modo nell’inchiesta.


Le indagini in questo specifico filone d’inchiesta (i reati sono stati commessi tra febbraio 2008 e giugno 2009) hanno riguardato le milionarie gare pubbliche indette dalla Asl di Bari per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti nelle strutture sanitarie ed amministrative dell’ente e il completamento delle attrezzature dell’Irccs Giovanni Paolo II Oncologico di Bari: i lotti 2 e 4 in particolare. Nella gestione di questi appalti «è stata evidenziata l’illecita ingerenza degli indagati a sostegno degli interessi economici» di tre aziende, la Viri srl, specializzata nella raccolta smaltimento dei rifiuti speciali, la Draeger Spa, rappresentata dal nipote di Tedesco, e la Consanit scpa, per l’aggiudicazione di altrettanti appalti dalla Asl di Bari. Il primo appalto, quello della Viri, ha un importo di circa 5 milioni di euro ed è relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti dalle strutture sanitarie della Asl; il secondo assegnato alla Draeger (socio anche Salvatore Matarrese) è di circa 2 milioni e 600mila euro e riguarda la fornitura di attrezzature necessarie per il completamento della nuova sede dell’Oncologico-Giovanni Paolo. Il terzo appalto alla Consanit, di 2 milioni di euro per arredi di laboratorio sempre per l’Oncologico. «Allarmante è risultata - scrivono gli inquirenti - la facilità con cui gli indagati intervenivano nelle sedute dei seggi di gara al fine di attribuire punteggi decisamente superiori nelle valutazioni delle offerte dal punto di vista tecnico e qualitativo rispetto alle ditte concorrenti».


Per pilotare le gare - secondo l’accusa - venivano rivelate notizie segrete inerenti l’istruttoria e con la complicità di pubblici funzionari assecondavano le richieste delle ditte che poi sono risultate vincitrici. «Nelle vicende in esame Tedesco si inserisce decisamente nel turbamento della gare per i rifiuti speciali vinta dalla Vi.Ri.- scrive la Procura - di cui segue attentamente le sorti attraverso la concreta ed interessata ingerenza nell’istruttoria della stessa per il tramite del proprio genero Elio Rubino». Una circostanza resa possibile-secondo l’accusa - dalla complicità dei componenti delle commissioni di gara. Nicola De Re e Filippo Tragni. Anche nella gara dell’oncologico sarebbe stata riscontrata l’attività illecita di turbativa d’asta «posta in essere dal Rubino e Mario Malcangi (segretario di Tedesco, ndr) e dal pubblico funzionario Antonio Colella», già coinvolto in un’altra inchiesta sulla sanità.


Sanità, i diktat di Tedesco


Nelle carte dell'inchiesta molte le intercettazioni. L'imprenditore amico del premier vuole evitare il processo: la parola al gip


Un direttore del personale da eliminare perché non collaborativo, un complice da regolarizzare professionalmente. Si muoveva così, imponendo diktat, secondo il gip Vito Fanizzi, l'ex assessore regionale Alberto Tedesco, al centro di un intreccio fra imprenditoria e management della sanità barese, che sabato ha portato agli arresti domiciliari cinque persone. Oggi cominceranno gli interrogatori di garanzia. E intanto, Procura e avvocati hanno concordato il patteggiamento a due anni e mezzo per Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore amico del premier, accusato di detenzione di droga. Toccherà ora al gip decidere se concedere il rito alternativo al processo. L'assessore ordinava ed era davvero difficile dirgli di no. Non ci sarebbe riuscita nemmeno Lea Cosentino, all'epoca direttore generale della Asl barese, alla quale Alberto Tedesco chiedeva, anzi imponeva, la stabilizzazione di funzionari suoi complici. Contro i diktat del politico si dibattevano anche i manager dell'Oncologico, giustamente timorosi di commettere irregolarità.


Su questa linea di comportamento si sarebbero mossi, secondo il gip di Bari Vito Fanizzi, amici e vittime del "sistema Tedesco". Un "torbido intreccio", come lo ha definito la Procura, che sabato scorso ha portato all'arresto (ai domiciliari) di cinque persone fra imprenditori e management della sanità barese. E, al centro, ci sarebbe stato il senatore pd Alberto Tedesco, che all'epoca dei fatti ricopriva ancora l'incarico di assessore regionale alla Salute.


Era lui, secondo l'accusa, a condizionare l'esito di appalti milionari (tre quelli finiti sotto indagine) in favore di aziende riconducibili a lui, come la Consanit (il cui legale, Egidio Sarno in un comunicato lo esclude), o la Vi. ri di Altamura, di imprenditori come Michele Columella e Francesco Petronella (entrambi ai domiciliari) al politico molto vicini. In cambio ne riceveva appoggi elettorali. E, per convincere i funzionari della Asl a pilotare le gare, prometteva loro di stabilizzarli all'interno dell'azienda.


Chi si frapponeva nel suo disegno andava eliminato, come accade al direttore del personale della Asl, Vito Michele Zambetta, "poco collaborativo". Il 10 aprile Tedesco telefona alla Cosentino: "Si sta spargendo la voce che credo sia stata messa in giro da questo stronzo di Zambetta che noi non facciamo la stabilizzazione dell'Asl di Bari - tuona Tedesco - Ma non lo puoi togliere di mezzo sto Zampetti!". E lei, subito: "Sì, sì, immediatamente, intanto lo mando in ferie".


Meno disponibili i manager dell'Oncologico Nicola Pansini e Luciano Lovecchio ai quali Tedesco vuole imporre la stabilizzazione di Nicola Del Re (anche lui ai domiciliari), che però non ne ha le caratteristiche necessarie. La discussione, intercettata con le microspie il 13 novembre 2008, riporta uno scontro fra i due da una parte, e l'assessore dall'altra:


Tedesco: "Perché non lo vuoi fare?".
Lovecchio: "Perché devi stabilire nel ruolo che uno ha ricoperto".
T.: "Tu forse non hai capito, le dobbiamo stabilizzare tutte, fino all'ultima"
L.: "Io non sono niente".
T.: "Le dobbiamo stabilizzare, lo dico al direttore, al vice direttore, al condirettore"
A quel punto subentra Pansini, spiegando che una delle persone che avevano fatto richiesta regolare era stata stabilizzata, per Del Re è diverso.
T.: "fategli una cosa! Chi cazzo verrà mai a vedere le carte!".
L.: "Ma sei impazzito".
Tedesco insiste e i due si difendono.
T.: "Devono andare alla stabilizzazione".
L.: "Infatti, l'unico che non sarà stabilizzato sai chi è? Nico Del Re".
T.: "No, sarà stabilizzato pure Del Re, non ti preoccupare tu, pure tu mi stai dicendo di no e lo stabilizzerai a quello".
 
Petronella al telefono: “I voti ad Altamura se non te li do io non te li dà nessuno”
19 lug 2010
C’è anche un riferimento a Massimo D’Alema nelle carte dell’inchiesta sulla presunta corruzione attorno alla sanità regionale. Il presidente del Copasir è citato, nel corso di un’intercettazione dell’8 marzo 2008, relativa a una telefonata tra Mariella Cattaneo, moglie dell’ex assessore alla Salute e attuale senatore del Pd Alberto Tedesco, e Francesco Petronella, l’imprenditore della Vi.Ri.. La registrazione, che di seguito riportiamo, è inserita nel capitolo dell’ordinanza destinato a provare il presunto scambio tra Tedesco e l’imprenditoria: appalti milionari per voti. Nella telefonata, Petronella fa notare alla Cattaneo che “i voti nel circondario di Altamura grazie a Columella (Carlo, coamministratore della Vi.Ri, ndr) si prendono”.


Petronella (P): …mo lo devo chiamare, lo devo chiamare perché gli devo dire ieri è stato circondato da altre persone di Altamura e a me non mi ha chiamato mica. Mo glielo devo dire Mariella.
Cattaneo (C): perché chi si è scordato?
P: ieri sera a D’Alema, no, stavano altre persone di Altamura amici miei…
C: ah. E tu perché non sei andato?
P: e Mariella perché…
C: ma lui…ma lui non voleva nessuno perché non voleva riempire le sale. Hai capito?
P: e lo so, difatti io non sono andato Mariella e non ho mandato nemmeno nessuno, ma questi stavano là e sono andati a salutare. Mo gli devo dire ‘non ti illudere che i voti ad Altamura se non te li do io non te li dà nessuno’…lo devo sfottere un po’.
Petronella, dunque, sarebbe nelle condizioni di muovere una massa di voti a favore di politici.


L’intercettazione, comunque, non prova nulla. Lo stesso Petronella potrebbe millantare un’amicizia con il presidente del Copasir.


E’ certo, però, che la Procura ipotizza che i voti sarebbero stati destinati a Tedesco per il suo interessamento alle gare d’appalto. Nel mirino degli investigatori c’è la gara, vinta dalla Vi.Ri., per la raccolta dei rifiuti. Un appalto del valore di 5 milioni di euro, che la società vince grazie al presunto interessamento dell’ex assessore. Come? Secondo la Procura attraverso “l’intervento politico nei confronti di pubblici funzionari (Nicola Del Re e Filippo Tragni, funzionari dell’Asl Bari, ndr) per lo sblocco di pratiche amministrative connesse ad interessi economici imprenditoriali del gruppo Vi.Ri”. Un interessamento che si sarebbe tramutato nella promessa dell’acquisto di un appartamento, del valore di 550mila euro. In particolare, il gip Vito Fanizzi riporta un’intercettazione ambientale del 25 luglio 2008, in cui “l’Assessore – si legge nell’ordinanza – dovendo acquistare un appartamento del valore di 550mila euro e non avendo, al momento, la disponibilità economica, riferisce al Petronella di chiedere al cognato Carlo Dante Columella la disponibilità all’acquisto in attesa, da parte sua, di monetizzare la vendita di un appartamento ricevuto dalla moglie in eredità”.


Tedesco (T): io invece ti volevo dire una cosa…, così, se la cosa è fattibile se non è fattibile non fa niente! Io devo…, ho trovato una (incomprensibile) (inc)
Petronella (P): Uh?
T: Però…non ho ho soldi non…, Mariella per nel frattempo ha avuto in eredità un appartamento che hanno al paese loro che abbiamo messo in vendita, ma, se andiamo con i tempo propri là non riusciamo, l’appartamento vale 590mila euro, a 550mila lo venderebbe, quindi puoi dire a Carlo se ha interesse ad acquistare?
P: Si!


Al riguardo di questo acquisto, come di tutte le altre imputazioni, Tedesco ha detto, in un’intervista rilasciata a Barisera: “Sto ancora aspettando di essere interrogato”. L’ex assessore, infatti, da quando è stato indagato, pur avendo fatto richiesta non è mai stato chiamato dalla Procura per raccontare la sua versione fatti e, nel caso, chiarire tutte le imputazioni a suo carico.
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ANTIFRASI
Intercettazione dell'aprile 2010. Luogo imprecisato in Brianza.

B/P3: L'Italia è fallita

T/Rex: E' sufficiente non dirlo

T/Rex: ... e dire il contrario è ancora più efficace!

B/P3: Ma l'Italia è fallita lo stesso, ogni mese il debito pubblico cresce di 10/15 miliardi, sai perfettamente che tra poco non riuscirai a pagare gli interessi sul debito... Raccontare balle non serve più... 1900 miliardi di debito previsti per la primavera 2011...

T/Rex: Faremo la politica dell'Antifrasi (*)1...

B/P3: Antifrasi?

T/Rex: Si, un po' come l'Antimafia che si mette d'accordo con Provenzano...

B/P3: (Risate...)

T/Rex: E' semplice, faremo il contrario della Grecia

B/P3: Spiegami

T/Rex: George Papandreou ha annunciato il default, tu dirai che siamo in ripresa, che stiamo meglio della media degli Stati europei (*)2

B/P3: Io lo dico pure, sai che non ho problemi... ma la barca affonda comunque... La disoccupazione reale è la più alta di Europa, gli stipendi sono i più bassi e i soldi della cassa integrazione stanno per finire

T/Rex: La Grecia ha prima dichiarato la crisi e poi ha attuato le misure anti crisi. Una figura di merda... Noi faremo invece una bella figura. Attueremo le misure anti crisi senza dichiarare il pre default, ma diremo che sono per il rilancio

B/P3: Gli italiani sono stupidi, ma non fino a questo punto...

T/Rex: Tu li hai sempre sopravvalutati, altrimenti gente come Ingroia e Travaglio sarebbe già in carcere tra l'esultanza del popolo. Beh, con loro puoi sempre provarci più avanti...

B/P3: Abbiamo alternative?

T/Rex: Sì, il colpo di Stato, ma lo vedo bene solo come ipotesi di riserva, Papandreou ha bloccato gli stipendi dei dipendenti pubblici, aumentato l'età pensionabile, messo in vendita le isole greche (*)3. Noi faremo lo stesso. La chiameremo manovra per lo sviluppo e diremo che ce la impone l'Europa. L'Italia sarà venduta ai privati attraverso il federalismo demaniale, per la pensione ci vorranno oltre 40 anni di contributi e ci sarà il blocco degli aumenti al settore pubblico per tre anni. L'importante è tenersi buone la Confindustria e le banche. Non toccheremo i guadagni delle concessioni pubbliche e non tasseremo il settore bancario

B/P3: Che ne dici di due spaghetti alla puttanesca e un branzino?

T/Rex: Eccellente idea, a tavola volevo parlarti dei Parchi Pubblici in concessione ai privati e della tassa sul macinato, sai... quella vecchia legge dell'Ottocento di Luigi Menabrea

B/P3: Ah, volevo chiederti, ma il default riusciremo a evitarlo?

T/Rex: No, ma non se accorgerà nessuno





(*)1 Antifrasi: consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa. Si divide in ironia (più leggera) e sarcasmo (pesante)


(*)2 Fatto effettivamente avvenuto con la dichiarazione di crescita del Pil italiano superiore agli Stati europei (+ 0,4%)


(*)3 Marzo 2010, il Governo greco vara una serie di misure volte a sanare i conti pubblici, quali il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici e una riforma del sistema pensionistico, per un totale di 4,8 miliardi di euro


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NON TUTTE LE CASTE SONO UGUALI


Gent.mo Presidente o se mi fosse permesso affettuosamente Silvio, ho appreso come tanti italiani, fra le tante notizie farlocche dei telegiornali che prossimamente vi sarà uno tsunami economico-finaziario e in particolare che i contratti di lavoro per i pubblici dipendenti non saranno rinnovati per i prossimi quattro anni, notizia peraltro che mi è costata la caduta della mia favorita birra Beck's sul timballo.
Ora. mi consenta Cavaliere, per carità capisco bene che il paese non naviga in buone acque, non addentriamoci neanche nei motivi altrimenti dovremmo ripercorrere le strade della prima repubblica e fare una fermata anche al periodo del suo ex compare Bettino, però e accidenti se non si impone il "però" qui la dieta dimagrante la dobbiamo fare tutti, apprezziamo il simbolico gesto di esservi ridotto del 10% lo stipendione, ma come si dice a Napoli: "ca' nsciun e fess", ah con l'occasione saluti ad Apicella!
Ergo, Ti invito, affettuosamente Silvio a leggere l'articolo qui sotto, come lo leggeranno tanti italiani e che condivideranno il paradosso che rimarrebbe se non energicamente risolto e all'uopo mi permetto di chiederti in milanese "Ghe pensi ti?" Pensavo, ritieni opportuno coinvolgere anche il Renato, Brunetta s'intende?
Saluti in Famiglia
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Fatturati miliardari Bilanci segreti. Uno sterminato patrimonio immobiliare. E organici colossali, con migliaia di dipendenti pagati dallo Stato. Sono una macchina di potere e di denaro. Temuta perfino dai partiti Politici
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Continuano a promettere bilanci consolidati, tranne poi guardarsi bene dal metterli nero su bianco. Forse perché i numeri racconterebbero come le organizzazioni dei lavoratori, difendendo con le unghie e con i denti una serie di privilegi più o meno antichi, si siano trasformate in autentiche macchine da soldi. Con il benestare di un sistema politico giunto ai minimi della popolarità e spaventato dalla loro capacità di mobilitazione. Che a sua volta dipende proprio, in grandissima parte, da un formidabile potere economico alimentato a spese della collettività: se c'è un problema di costi della politica, allora il discorso vale anche per il sindacato. Se non di più.
Quasi dieci anni fa, alla fine del 1998, un ingenuo deputato di Forza Italia, ex magistrato del lavoro, convinse 160 colleghi a firmare tutti insieme appassionatamente un provvedimento che obbligava i sindacati a fare chiarezza sui loro conti. Dev'essere che nessuno gli aveva ricordato come solo pochi anni prima, nel 1990, Cgil, Cisl e Uil fossero state capaci di ottenere dal parlamento una legge che concede loro addirittura la possibilità di licenziare i propri dipendenti senza rischiarne poi il reintegro, con buona pace dello Statuto dei lavoratori. Fatto sta che, puntuale, la controffensiva di Cgil, Cisl e Uil scattò dopo l'approvazione del primo articolo con soli quattro voti di scarto. "È antisindacale", tuonò con involontario umorismo l'ex capo cislino Sergio D'Antoni. Lesti i deputati del centro-sinistra azzopparono la legge, mettendosi di traverso alle sanzioni (tra i 50 e i 100 milioni) previste in caso di violazioni. Alla fine la proposta di legge è rimasta tale, così come tutte quelle presentate in seguito, anche in questa legislatura. "È il sindacato che detta tempi e modalità", titolava del resto nei giorni scorsi il confindustriale 'Sole 24 Ore', all'indomani dell'accordo sullo scalone pensionistico.Il risultato è che i bilanci dei sindacati, quelli veri, non sono mai usciti dai cassetti dei loro segretari. "Il giro d'affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3 mila e 500 miliardi di vecchie lire", sparò nell'ottobre del 2002 il radicale Daniele Capezzone, "e il nostro è un calcolo al ribasso". Non ci deve essere andato molto lontano, se è vero che oggi il fatturato consolidato di corso d'Italia abbia raggiunto il tetto del miliardo di euro. E ancora: se è vero che quello del sistema Uil, non paragonabile per dimensioni, metteva insieme 116 milioni già nel 2004, esclusi Caf, patronati e quant'altro. Fare i conti in tasca alle organizzazioni sindacali, che hanno ormai raggiunto un organico-monstre dell'ordine dei 20 mila dipendenti, è difficile, anche perchè le loro fonti di guadagno sono le più disparate. Ma ecco quali sono i principali meccanismi di finanziamento e le cifre in ballo.
Il sostituto d'incasso
La maggiore risorsa economica di Cgil, Cisl e Uil ("I tre porcellini", come ama chiamarli in privato il vice premier Massimo D'Alema) sono le quote pagate ogni anno dagli iscritti: in media l'1 per cento della paga-base; di meno per i pensionati, che danno un contributo intorno ai 30-40 euro all'anno. Un esperto della materia come Giuliano Cazzola, già sindacalista di lungo corso della Cgil ed ex presidente dei sindaci dell'Inps, parla di almeno un miliardo l'anno. Secondo quanto risulta a 'L'espresso', il solo sistema Cgil ha incassato nel 2006 qualcosa come 331 milioni. Una bella cifra, per la quale il sindacato non deve fare neanche la fatica dell'esattore: se ne incaricano altri; gratuitamente s'intende. Nel caso dei lavoratori in attività, a versargli i soldi ci pensano infatti le aziende, che li trattengono dalle buste paga dei dipendenti. Per i pensionati provvedono invece gli enti di previdenza: solo l'Inps nel 2006 ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Nel 1995 Marco Pannella tentò di rompere le uova nel paniere al sindacato, promuovendo un referendum che aboliva la trattenuta automatica dalla busta paga (introdotta nel 1970 con lo Statuto dei lavoratori). Gli italiani votarono a favore. Ma il meccanismo è tuttora vivo e vegeto: salvato, in base a un accordo tra le parti, nei contratti collettivi. Le aziende, che pure subiscono dei costi, non sono volute arrivare allo scontro. E lo stesso ha fatto il governo di Romano Prodi quando, più di recente, Forza Italia ha presentato un emendamento al decreto Bersani che avrebbe messo in crisi le casse sindacali. In pratica, la delega con cui il pensionato autorizza l'ente previdenziale a effettuare la trattenuta sulla pensione, che oggi è di fatto a vita, avrebbe avuto bisogno di un periodico rinnovo. Apriti cielo: capi e capetti di Cgil, Cisl e Uil hanno fatto la faccia feroce. Il governo, a scanso di guai, ha dato parere contrario. E l'emendamento è colato a picco.
Lo strapotere dei Caf
I Centri di assistenza fiscale rappresentano per i sindacati un formidabile business. Per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati vengono pagati dagli enti previdenziali. Solo l'Inps per il 2006 verserà ai 74 caf convenzionati 120 milioni. A fare la parte del leone saranno le strutture di Cgil, Cisl e Uil, che insieme totalizzeranno circa 90 milioni. Non basta. Per i lavoratori in attività i Caf incasseranno dal Fisco 15,7 euro per ognuna delle 12.261.701 dichiarazioni inviate agli uffici nel 2006. Il ministero sborserà dunque 186 milioni e spicci. Anche in questo caso, secondo i conti che 'L'espresso' ha potuto esaminare, la fetta più grande della torta andrà a Cgil (38 milioni, 195 e 177 euro), Cisl (30 milioni, 763 mila e 485) e Uil (12 milioni, 78 mila e 793 euro). Un piatto ricco, considerando che i Caf ricevono inoltre, come contribuzione volontaria, una media di 25 euro dalle tasche dei contribuenti aiutati nella compilazione del 730 (per un totale di 175 milioni, secondo Cazzola) e mettono insieme un'altra cinquantina di milioni per il calcolo di Ise e Isee (i redditometri per le famiglie che chiedono prestazioni sociali). Considerando le cifre in ballo, i sindacati hanno fatto fuoco e fiamme pur di tenersi ben stretto il giocattolo. Nel 2005, sotto l'incalzare della Corte di Giustizia europea, convinta che il monopolio dei Caf rappresentasse una violazione ai trattati comunitari, il governo di Silvio Berlusconi aveva aperto la porta a commercialisti, ragionieri e consulenti del lavoro. Una manovra talmente timida che la Commissione europea ha inviato all'Italia una seconda lettera di messa in mora. Sull'argomento gli uomini di Bruxelles hanno preteso e ottenuto, ancora nel gennaio scorso, un vertice a palazzo Chigi. Concluso, naturalmente, con un niente di fatto.Intoccabili patronatiSe il monopolio dei Caf è sotto assedio, resiste saldo quello dei patronati, le strutture (quelle convenzionate con l'Inps sono 25) che assistono i cittadini nelle pratiche previdenziali (ma anche, per esempio, per la cassa integrazione e i sussidi di disoccupazione): una rete capillare, dall'Africa al Nordamerica passando per l'Australia, che alcuni sospettano abbia un ruolo non indifferente anche nell'indirizzare il voto degli italiani all'estero. Nel 2000 i radicali hanno lanciato l'ennesimo referendum abrogativo, ma si sono visti chiudere la porta in faccia dalla Consulta. Più di recente Forza Italia ha cercato, con un emendamento al decreto Bersani, di liberalizzare il settore. Se l'armata berlusconiana non fosse stata respinta con perdite, per il sindacato sarebbe stato un colpo mortale. I patronati, infatti, sono fondamentali per il reclutamento di nuovi iscritti tra i pensionati, che quando vanno a ritirarecal i moduli si vedono sottoporre la delega per le trattenute: "Con i patronati e gli altri servizi nel 2005 la Cgil ha raggranellato 450 mila nuove iscrizioni", sostiene Cazzola. Non bastasse, i patronati assicurano un gettito che non è proprio da buttare via: in pratica si dividono (in base al lavoro svolto) lo 0,226 del totale dei contributi sociali riscossi dagli enti previdenziali. A lungo questa cifra è stata calcolata solo sui contributi dei pensionati privati, per l'ottimo motivo che a quelli pubblici le scartoffie per l'assegno le ha sempre curate l'amministrazione (e proprio per questo motivo pochi di loro sono iscritti al sindacato). Poi, però, nel 2000, per gentile concessione del parlamento (con un voto a larghissima maggioranza) nel monte-contributi sono stati fatti confluire anche quelli dei lavoratori statali. E la cifra ha iniziato a lievitare: 314 milioni nel 2004, 341 nel 2005, 349 nel 2006. Solo l'Inps nel 2006 ha speso per i patronati (che ora, per arrotondare, si occupano anche del rinnovo dei permessi per gli immigrati) 248 milioni, 914 mila e 211 euro. Alla fine, secondo quanto risulta a 'L'espresso', l'Inca-Cgil ha incassato 82 milioni e 250 mila euro, l'Inas-Cisl 66 milioni e 150 mila euro e l'Ital-Uil 26 milioni e 600 mila euro.
Forza lavoro gratuita
È quella distaccata presso il sindacato dalla pubblica amministrazione, che continua graziosamente a pagarle lo stipendio. Compresi, e vai a capire perché, i premi di produttività e i buoni pasto. Oggi i dipendenti statali dati in omaggio al sindacato sono 3.077 e costano al contribuente (Irap e oneri sociali compresi) 116 milioni di euro. Ai quali vanno sommati 9,2 milioni per 420 mila ore di permessi retribuiti. Di regalo in regalo, per i dipendenti che utilizza in aspettativa, ai quali deve invece pagare lo stipendio, il sindacato usufruisce comunque di uno sconto: non paga i contributi sociali, che sono considerati figurativi e quindi a carico dell'intera collettività. Un privilegio che hanno perduto perfino le assemblee elettive (a partire dal parlamento). Ma i sindacati no.Business formazioneDall'Europa piove ogni anno sull'Italia circa un miliardo e mezzo di euro per il finanziamento della formazione professionale. In più ci sono i circa 700 milioni dell'ex fondo di rotazione, alimentato dallo 0,30 per cento del monte-contributi che le aziende versano agli enti previdenziali. Un tempo, non meno del 40-50 per cento di queste somme passava attraverso enti di emanazione sindacale, che non incassavano direttamente un euro ma gestivano comunque le assunzioni e la distribuzione degli incarichi. Oggi la concorrenza s'è fatta più dura. Ma i sindacati non mollano l'osso. Dieci dei 14 enti che si distribuiscono ogni anno circa la metà dei finanziamenti nazionali sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil.Casa mia, casa miaL'assenza di bilanci consolidati non consente di far luce sull'immenso patrimonio immobiliare accumulato negli anni dai tre sindacati confederali, cui lo Stato a un certo punto ha pure regalato i beni delle corporazioni dell'epoca fascista. Fino a pochi anni fa i sindacati non potevano possedere direttamente gli immobili: li intestavano a società controllate. La legge che ha consentito loro il controllo diretto ha garantito anche un passaggio di proprietà al riparo dalle pretese del fisco. Oggi la Cgil dichiara di avere, sparse per tutto il Paese, qualcosa come 3 mila sedi, tutte di proprietà delle strutture territoriali o di categoria. "Non so stimare il valore di mercato di un patrimonio che non conosco ma", afferma l'amministratore della Cgil, "deve trattarsi di una cifra davvero impressionante". La Cisl dichiara addirittura 5 mila sedi, tra confederazione, federazioni nazionali e diramazioni territoriali (pensionati compresi), quasi tutte di proprietà. La Uil è l'unica che ha concentrato il grosso degli investimenti sul mattone in una società per azioni controllata al 100 per cento. Si chiama Labour Uil e ha in bilancio immobili per 35 milioni e 75 mila euro (a valore storico; quello di mercato è tre volte superiore), ma non, per esempio, la sede romana di via Lucullo, che lo stesso tesoriere nazionale Rocco Carannante stima tra i 70 e gli 80 milioni di euro.Il fatto certo, alla fine, è che Cgil, Cisl e Uil sono ricchi. Quanto, però, nessuno lo sa davvero. "Ci sono situazioni che talvolta non sono pienamente trasparenti", ha scolpito Epifani lo scorso 27 febbraio. E però si riferiva allo scandalo del calcio.

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