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mercoledì 28 luglio 2010

LETTERE APERTE

   Al   Direttore generale
         dott. Pansini Nicola
     
         Direttore sanitario
         Dott. Calasso Alessandro
      
         Direzione generale
           Azienda sanitaria locale – Provincia di Bari


e  p.c. Presidente On Vendola Nicola
          Regione Puglia



Lettera aperta ai vertici aziendali


Dal 1 gennaio 2007 le ex U.S.S.L. sono state giuridicamente e finanziariamente unificate in un'unica Azienda, l'attuale A.S.L.BA.
A prescindere dagli incorsi giudiziari che vedono sino a questi giorni l'amministrazione sanitaria sotto il martello lapidativo dei giornali, e la nichilista lente di ingrandimento dei magistrati giustizieri, su un palcoscenico nazionale a brandelli, i vertici di questa azienda hanno giustamente riorganizzato i servizi e gli uffici in asse gerarchico per tutto il territorio provinciale, soprattutto con l'obbiettivo programmatico per il risparmio della spesa pubblica.
Quindi tutti gli uffici o servizi confluiscono alle rispettive Aree o Dipartimenti, nonchè Direzione generale Sanitaria per i distretti sanitari e gli ospedali.
Gli unici uffici che non hanno avuto una riorganizzazione sia tecnica che di risorse umane sono stati i cd Centralini, termine peraltro usato impropriamente sino ai giorni nostri, poiché è mancato dal legislatore la dovuta attenzione a discernere il termine “centralino” quale vano che raccoglie la centrale telefonica e l'ufficio ove gli Operatori Telefonici svolgono la loro attività che potrebbe essere definito: - Sala Supervisione Telefonica, Ufficio Operatori Telefonici, Servizio gestione traffico telefonico o più inglesemente Call center.


Pertanto questa amministrazione si trova ad avere un eccessivo numero di cd. Centralini, in particolare nella ex U.s.s.l/Ba4, i quali sono doppioni di se stessi per la "satellizzazione" esistente, creando al cittadino una confusione e nervosismo per rintracciare il servizio o ufficio a lui occorrente, oltre che i tempi lughi di attesa accompagnati dalle musichette telefoniche anni 90.
Inoltre l'esistenza sul territorio provinciale di tanti indipendenti uffici di operatori telefonici non produce quel risparmio che potrebbe portare alla realizzazione di un unico Call center Aziendale, evidentemente satellizzando razionalmente tutte le strutture, facendo confluire tutti i derivati interni di tutta l'azienda, compresi gli abilitati all'esterno, ove attualmente gli è data la possibilità di effettuare chiamate anche personali su utenze mobili per lungo periodo, per una cospicua spesa che l'A.S.L.\Ba sostiene, senza batter ciglio, questione morale che unipersonalmente porta avanti lo scrivente da più di un anno anche senza ausilio dei dirigenti aziendali.


Molti di questi Uffici telefonici hanno uno sproporzionato numero di operatori rispetto al loro carico di lavoro e prova ne è che il sottoscritto da solo, per ragioni di programmazione tecnica, gestisce da remoto con l'uso di personali strumenti informatici e telematici il traffico telefonico entrante per la A.S.L di Bari e il P.O. San Paolo, con il numero istituzionale 080.5841111, incentivando l'utenza  all'uso della selezione passante, nonché evadendo le sole richieste interne per ragioni di ufficio di questo ospedale e dei distretti di Modugno e Palese-S.Spirito.


E' pur vero che chi opera negli uffici telefonici, cd. centralini, è gente priva di adeguata preparazione, specie in area informatica, sebbene i Pc acquistati sono soprammobili nei cd. centralini, basti notare la differenza che c'è tra il servizio pubblico e quello privato, a prescindere dai soggetti ciechi che con il loro status di non vedenti, spesso strrumentalizzano la loro minorazione, pretendono più di quello che gli è dovuto, rappresentati peraltro anche da associazioni pro-ciechi che per sbarcare il loro aristocratico lunario oltre a laute sovvenzioni statali, regionali, provinciali, locali  e tesseramenti chiedono anche con i più svariati media denaro ai cittadini, e fermiamoci qui.

Oggi gli uffici telefonici nella Pubblica Amministrazione, attualmente chiamati nel settore privato Call center - inbound o outbound – devono rispondere ad altre esigenze in virtù dell'esponenziale mutamento tecnologico e quindi l'operatore telefonico o nescentemente definito "centralinista" vedente o non vedente, non può essere nel 2010 ancora considerato e trattato come un semplice smistatore di chiamate, compito peraltro sorpassato ed assolto tecnicamente dai primi anni '90 con l'utilizzo del sistema della “Selezione Passante” nei centralini digitali o addirittura con telefonia intercomunicante.
Infatti altra clamorosa pecca di questa amministrazione è detenere un sito Internet a pagamento ma privo di esaustivi elenchi telefonici interni utili per i cittadini todati di ampia tecnologia a bypassare gli operatori telefonici, poichè il servizio di “selezione passante” non è gratuito per le amministrazioni da parte del gestore telefonico.


In buona sostanza una amministrazione sanitaria di questa grandezza dovrebbe vantare un Front Office telefonico e informatizzato utile alla gestione di esclusive esigenze istituzionali con personale professionalmente preparato e motivato a svolgere compiti che nel settore privato sono già da anni routine, anche eventualmente con il Telelavoro, modus lavorandi, assolutamente civile e positivo, che tanti sindacati detrattori sconsigliano ai lavoratori incentivando il disservizio con sperpero di denaro pubblico.
Con la realizzazione di un Centro unico di supervisione telefonica e comunque non necessariameente accentrando tutti i posti operatori, ad esempio chi e cosa impedisce che una prenotazione possa essere richiesta tramite Mail, Sms, MMS o software di videomessaggistica e confermata con tali modalità telematiche dagli stessi operatori telefonici dell'azienda, cosi da non esternalizzare il sevizio e risparmiare, soprattutto ora che sono a rischio la chiusura degli ospedali. Chi e cosa impedisce che un reperibile possa essere avvisato del suo bisogno tramite SMS o videochiamata, anzichè chiamate a pagamento sul cellulare. Cosa e chi impedisce che gli operatori telefonici possano fare statistiche e sondaggi col traffico telefonico. Chi o cosa impedisce che i cittadini possano ricevere notizie o direttamente esito dei loro esami o procedimenti amministrativi tramite SMS o Mail Pec dagli stessi operatori telefonici


Il V.o.i.p. telefonico è un buon strumento, certo un surrogato della comunicazione telematica, ma le attuali centrali di questa azienda potrebbero anche essere interconnesse tutte tra loro con tecnologie a piattaforma ibrida e flussi I S.D.N.
L'amministrazione può indirizzarsi al know how di queste alternative per il miglioramento del lavoro dei suoi dipendenti, per un miglior contatto e rapporto con l'utenza e non ultimo il considerevole risparmio economico.


Ora, a prescindere dalle scazzottate politiche, sta a voi se volete, seminare in questo territorio l'imput che ho descritto, per coltivare una pianta, chiamata "Saggia amministrazione"  che darà efficienza, professionalità e valorizzazione rispettivamente ai beni strumentali e alle risorse umane anche nel settore telefoninformatico.



Cordiali saluti




Operatore Telefonico

Gianfranco Rigliano

sabato 17 luglio 2010

NEWS TELEWORK



A Telecom Italia è l'ora del telelavoro
Al via una sperimentazione che interesserà i Test Labs di Torino e la Software Factory di Trento.

Una nuova sperimentazione di e-work in Telecom Italia è stata concordata fra l'azienda e Cgil-Cisl-Uil del settore: a differenza del telelavoro domiciliare che da anni coinvolge alcune centinaia di operatori del 1254, con scarsa flessibilità, questa volta il progetto interessa lavoratori ad alta professionalità che svolgono attività nel campo dell'informatica e delle tecnologie delle telco.
Si tratta di un progetto che avrà la durata di 24 mesi, interessando 160 lavoratori dei Test Labs di Telecom Italia Lab di Torino e dieci informatici della Software Factory di Trento.
Nei Test Labs si effettuano, in via sperimentale, prima del lancio sul mercato, i test di collaudo sugli apparati di rete, sui terminali, sui materiali, per valutarne l'impatto sulla rete , la sicurezza, la vulnerabilità e via dicendo.
I tecnici potranno svolgere per tre giorni alla settimana la propria attività a domicilio, in una fascia oraria dalle 8 alle 20, in cui prestare l'orario giornaliero di 7 ore e 38 minuti, considerando la prestazione dal momento in cui il tecnico si collega a quello in cui si disconnette.
Il lavoratore sa che deve garantire la sua prestazione ma può anche frazionarla con flessibilità. Inoltre, per evitare l'isolamento e anche l'impoverimento professionale del tecnico, si alterna presenza in sede a presenza a domicilio.
E' la prima volta che Telecom accede a una richiesta di telelavoro per lavoratori ad alta professionalità e inquadramento, una richiesta che era stata rivota da molti anni e finora era sempre rimasta inascoltata dai vertici aziendali.

La Asl 4 di Matera ha attivato il telelavoro per un non vedente.

Matera 19 novembre 2008 - Prima postazione di telelavoro attivata dall’Azienda sanitaria locale n. 4 . L’iniziativa, deliberata dalla direzione strategica aziendale, riguarda un non vedente che potrà svolgere le funzioni di centralista da casa utilizzando le moderne tecnologie di comunicazione. Il provvedimento segue all’avvio del progetto previsto dalla legge n.53/2000 (approvato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e proposto dall’Ufficio Relazioni sindacali della Asl), sulla attuazione di misure sul telelavoro che prevede, laddove sia tecnicamente possibile, prestazioni di lavoro al di fuori della sede naturale dell’Ente, utilizzando il supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’ Azienda provvederà alla fornitura e alla installazione di apparecchiature e impianti.
La decisione dell’Azienda segue a una richiesta del responsabile dell’Unità operativa Comunicazione- Ufficio Relazioni con il Pubblico, Pietro Centolanza, che tendeva anche a razionalizzare il servizio di centralino funzionante 24 ore al giorno. “ E’ una azione -ha detto Franco Bitonto, responsabile dell’Ufficio relazioni sindacali - che va nella direzione del progetto della legge 53/2000 sul telelavoro e può essere intesa come azione positiva per promuovere le pari opportunità’’. Positive valutazioni sono venute anche dal commissario della Asl, Domenico Maroscia. “ Il provvedimento -ha detto Maroscia- consente di valorizzare benefici sociali e personali,oltre che a migliorare l’organizzazione del lavoro nell’ambito delle attività di servizio del centralino telefonico, ove opera un lavoratore non vedente della nostra Azienda. Non escludiamo che l’iniziativa, una volta verificate le condizioni, possa essere attivata per altre situazioni’’.

Crotone, Provincia, approvato progetto telelavoro




CROTONE -27 Luglio 2009 -  La Provincia di Crotone ha approvato un progetto pilota di telelavoro, aperto a tre postazioni per la durata di un anno. A seguito di regolare bando - si legge in una nota - sono state selezionate tre donne, dipendenti della Provincia. Il Progetto sperimentale ha preso forma su impulso della Consigliera di Parita', Rosa Patrizia Vincelli, ed e' stato sostenuto dalle figure istituzionali della ex Giunta e dalla Direzione Generale''. Il progetto, si legge ancora, ''e' stato condiviso dal Presidente Stano Zurlo e dall'assessore al personale Diodato Scalfaro. Il telelavoro razionalizza l'organizzazione del lavoro, realizzando economie di gestione, attraverso l'impiego flessibile delle risorse umane e rappresenta la forma piu' avanzata di flessibilita' organizzativa, in quanto opera una destrutturazione del luogo e del tempo di lavoro ed ottimizza le risorse, per la ricaduta positiva sulla motivazione e produttivita' del personale''.




AL VIA PROGETTO DI TELELAVORO PER 10 DIPENDENTI REGIONALI

Napoli -  10 marzo 2010 - Dieci note book, dieci pen drive e dieci sim card per il traffico internet. Dieci kit completi per il telelavoro per altrettanti dipendenti regionali. E’partito ieri il progetto della regione campania rivolto all’interno delle amministrazioni pubbliche al fine di incentivae una serie di azioni in tema di pari opportunità che garantiscano forme di conciliazione tra vita familiare e professionale tutelandone gli equilibri. Il telelavoro si concretizza in una forma di lavoro flessibile e a distanza, secondo modificazioni organizzative che non pregiudicano l’efficienza lavorative e l’autonomia del soggetto, lo sottolinea ai nostri microfoni Alfonsina De Felice, assessore regionale alle politiche sociali (INTERVISTA nel file allegato)


Patti sociali di genere. Il progetto dell'Ateneo

Sarà presentato in conferenza stamattina il progetto di telelavoro e conciliazione redatto dall'Università del Salento nell'ambito dei patti sociali di genere

Lecce - 26 maggio 2010 "Telelab. Laboratorio di telelavoro e conciliazione". E' questo il nome del progetto che l'Università del Salento proporrà alla Regione Puglia nell'ambito delle iniziative di finanziamento dei patti sociali di genere (determinazione 816 del 23 dicembre 2009; avviso pubblico per il finanziamento degli interventi e delle azioni oggetto del "Patto sociale di genere nel territorio della Regione Puglia", pubblicato sul Bollettino ufficiale 18 del 28 gennaio 2010).
La conferenza stampa di presentazione avrà luogo alle ore 10.30 di oggi nella sala conferenze del Rettorato (piazza Tancredi 7, Lecce)
Vi prenderanno parte Domenico Laforgia, rettore dell'Università del Salento, le professoresse Francesca Lamberti (direttrice del Dipartimento di Studi giuridici) e Maria Mancarella del Dipartimento di Scienze sociali e della comunicazione, e Donatella Grasso del Comitato Pari opportunità dell'Ateneo.
Nel corso dell'incontro avrà luogo la sigla dell'accordo di partenariato con gli enti e le organizzazioni partner di progetto: Confederazioni sindacali provinciali (Cgil, Cisl, Uil) e Rappresentanze sindacali aziendali (Cgil, Cisl, Uil e Snals), Università di Bari, i Comuni di Specchia, Sternatia, Otranto, Lequile, Neviano, Alessano ed Uggiano la Chiesa.


Ue: record telelavoro a Repubblica ceca, Italia in coda



Roma - (Labitalia)  27 maggio 2010 - Va alla Repubblica Ceca il record europeo del telelavoro. In questo Paese, infatti, ben il 15,2% degli addetti utilizza il telelavoro nella propria attività professionale. Una percentuale elevata, se si pensa che solo sette dipendenti europei su cento sono telelavoratori. Ossia lavoratori che svolgono la loro attività per almeno un quarto del tempo fuori dalla sede della propria azienda, utilizzando pc, posta elettronica, Internet e ogni altra tecnologia che permetta loro di comunicare e interfacciarsi con l'esterno. Incidenza che scende all'1,7% nella media Ue, se si considerano i telelavoratori 'full time'.
Ben al di sotto della media europea, invece, si trova l'Italia che, con appena il 2,3% di telelavoratori (0,5% a tempo pieno), occupa gli ultimi posti della classifica. Peggio del nostro Paese, infatti, si collocano solo Portogallo (1,8%), Bulgaria (1,6%) e Malta (dove l'incidenza è pari a zero). A stilare la graduatoria del telelavoro è l'Eiro, l'osservatorio della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e lavoro di Dublino, in un'indagine condotta su 30mila lavoratori di 31 Paesi (oltre alla Ue, anche Norvegia, Svizzera, Croazia e Turchia) e riferita al 2005.
In cima alla classifica, dopo la Repubblica Ceca, si trovano paesi nordici e orientali: Danimarca (14,4%), Belgio (13%), Lettonia (12,2%), Paesi Bassi (12%), Estonia (11,8%), Finlandia (10,6%), Polonia (10,3%). Ancora al di sopra della media europea sono Norvegia (9,7%), Svezia (9,4%), Austria (8,6%), Regno Unito (8,1%), Slovacchia e Grecia (entrambe 7,2%). La percentuale, invece, scende al di sotto della media in Spagna (6,9%), Lituania (6,8%), Slovenia (6,7%), Germania (6,7%), Francia (5,7%), Cipro (5,7%), Lussemburgo (4,8%), Irlanda (4,2%), Ungheria (2,8%) e Romania (2,5%).
Nonostante il livello di diffusione sia ancora basso, osserva l'Eiro, tuttavia, l'incidenza sta crescendo: nella Ue dei Vecchi 15, infatti, era appena del 5,3% nel 2000 e del 4,2% nei Paesi allora candidati a entrare nell'Unione. E i Paesi che oggi occupano i vertici della classifica sono anche quelli che in questi anni hanno conosciuta la crescita maggiore del telelavoro.
Il telelavoro è usato soprattutto in chiave 'part time'. E' più diffuso nei settori finanziario, immobiliare e assicurativo, dove quasi il 15% della forza lavoro utilizza questa modalità per almeno un quarto del tempo. A preferirlo sono più gli uomini (8,1%) che le donne (5,8%), anche perché i settori in cui è più gettonato sono a prevalenza maschile. E l'incidenza è maggiore tra chi ha un livello di istruzione superiore: un quarto dei telelavoratori ha un livello di istruzione secondaria superiore e più del 10% tra professionisti, manager e profili tecnici sono coinvolti nel telelavoro.
Ma stimare l'incidenza di questa modalità di organizzazione del lavoro, generalmente scelta per favorire la flessibilità, non è semplice, come avverte l'Eiro. Un fenomeno certamente crescente da quando, nel 2002, le parti sociali a livello europeo firmarono un accordo quadro per regolare il telelavoro, affidandone però l'applicazione alle relazioni industriali proprie di ciascuno Stato. E, se per i datori il telelavoro è visto come uno strumento per accrescere la produttività, i sindacati, sia pure generalmente favorevoli, conclude l'indagine, spesso puntano il dito contro le difficoltà che il telelavoro crea per l'orario di lavoro, la formazione e le opportunità di carriera.



Pc e chiavetta, 6 dipendenti Asl di Torino sperimentano il telelavoro

Torino, 14 luGLIO 2010. - (Adnkronos) - Un pc, una chiavetta usb per il collegamento a internet e un cellulare: cosi' l'Asl Torino 2 ha deciso di sperimentare il telelavoro, offrendo a sei dipendenti la possibilita' di lavorare da casa una volta alla settimana. I telelavoratori, tutti appartenenti a ruoli amministrativi, completeranno l'orario svolgendo a casa una serie di attivita' concordate con i responsabili dell'ufficio da cui dipendono. Scopo dell'iniziativa: introdurre nell'azienda formule organizzative di lavoro tali da permettere di conciliare attivita' professionale e famiglia, a vantaggio della qualita' della vita dei dipendenti e della produttivita' sul lavoro grazie al superamento di alcune criticita' collegate alle esigenze private e familiari dei dipendenti. Realizzato dal comitato pari opportunita' aziendale con un finanziamento del dipartimento politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, il progetto coinvolge cinque donne e un uomo, tutti residenti fuori Torino, con figli al di sotto dei 12 anni o con carichi di cura familiari gravosi.


IL TELELAVORO PRENDE  CORPO A PALAZZUOLO SUL SENIO


Comune di Palazzuolo sul Senio - 14 Luglio 2010 - Un progetto che la Comunità montana Mugello ha inserito nel Piano di Sviluppo socio-economico, avvalendosi anche di fondi gestiti in raccordo con altre comunità montane toscane
Accrescere l'occupazione qualificata per arginare fenomeni di emigrazione e pendolarismo dalla montagna. Questo è l’obiettivo che si è posta la Comunità montana Mugello assieme alla Provincia e alla Regione, per la realizzazione di un telecentro presso la struttura dell’ex-macello a Palazzuolo sul Senio.
Nello specifico si tratta di uno dei progetti che la Comunità montana Mugello ha inserito nel Piano di Sviluppo socio-economico, avvalendosi anche di fondi gestiti in raccordo con altre comunità montane toscane e l’Uncem.
A spiegare l'iter realizzativo è il sindaco Cristian Menghetti. «Dopo un inizio travagliato, la struttura è stata inaugurata nel marzo 2009, in cui il bando per la gestione è andato deserto, poco prima delle elezioni la precedente amministrazione ha cercato di tamponare questa falla organizzativa attraverso un affidamento diretto della struttura. Gli esiti però sono stati decisamente negativi. Come nuova amministrazione - continua Menghetti - ci siamo trovati di fatto con una struttura vuota, costata molto e assolutamente inutile sotto il profilo occupazionale. Grazie al lavoro svolto in questi mesi si è riusciti a costruire un piano di sviluppo solido e concreto, sono stati firmati protocolli a carattere territoriale per garantire al nuovo gestore commesse minime in grado fungere da motore d’avviamento per l’attività e grazie alla collaborazione costante con la Comunità montana Mugello si è riusciti a programmare una fase di supporto iniziale per lo start up di tre anni».
Il gestore che è stato individuato per scommettere sullo sviluppo delle attività di telelavoro a Palazzuolo è presente da anni sul territorio, e si tratta della cooperativa sociale onlus Comil con sede a Marradi. Una realtà che aveva manifestato interesse per queste attività sin dai primi contatti tenuti con il sindaco Menghetti successivamente all’elezione di giugno 2009.
Comil nasce nel 1994 per perseguire l’interesse generale alla promozione umana ed integrazione sociale dei cittadini, anche attraverso l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Come cooperativa opera in vari settore dall’igiene ambientale alla produzione di pasti, ai servizi di pulizie, fino alla manutenzione verde pubblico.
Per il presidente Angelo Filipponi «raccogliamo questa nuova sfida gestionale proposta dalle pubbliche amministrazioni che hanno messo a disposizione del territorio una risorsa che ad oggi non ha trovato l’interesse di altre imprese locali, per contribuire allo sviluppo del tessuto socio-economico del territorio in modo responsabile e qualificato».
Una dichiarazione d'intenti che per il Sindaco Menghetti «non è certo semplice, vista anche la situazione economica congiunturale. Ma proprio per questo non possiamo che apprezzare lo spirito imprenditoriale dimostrato e soprattutto l’attenzione posta nei confronti del territorio e delle linee di sviluppo lavorativo proposte dalle amministrazioni locali. Fino ad oggi abbiamo lavorato con estrema concretezza per sostenere l’avviamento di questa nuova attività, affinché possa generare una struttura in grado di stimolare la nascita di nuove opportunità lavorative nel nostro comune».




AMBIENTE GREEN ECONOMY
Un futuro più green...passa anche dal web


Si parla tanto di green economy e della necessità di un modello di sviluppo più sostenibile. Il nostro Paese potrebbe essere all’avanguardia per le sue caratteristiche geografiche, eppure una vera coscienza ambientale stenta ancora a decollare. Basti pensare anche alla scarsa attenzione del governo, che ha recentemente tagliato gli incentivi ai pannelli solari.

Per fortuna, per i cittadini e per le imprese esistono tanti altri modi di dimostrare la propria sensibilità in questo campo. E, per quanto possa sembrare strano, la Rete ci può dare una mano!

Pensiamo, tanto per cominciare, agli innegabili vantaggi del telelavoro.
Un’azienda che offrisse ai propri impiegati la possibilità di lavorare da casa darebbe un forte contributo alla riduzione delle emissioni. Anche privilegiare videoconferenze e chat rispetto alle dispendiose visite e riunioni intercontinentali può fare la differenza, specialmente nelle grandi realtà multinazionali.

Il web ci aiuta a essere green anche come acquirenti: studi specializzati hanno dimostrato, per esempio, che il commercio elettronico genera un impatto del 40% inferiore alla Grande Distribuzione Organizzata (GDO), perché limita i passaggi intermedi fra produttore e consumatore. Per non parlare della digitalizzazione: sempre più persone acquistano mp3 al posto di cd ed e-book al posto di libri, contribuendo a diminuire il dispendio di risorse e la necessità di trasporti su larga scala.

Ormai, inoltre, sembra essere alle porte un’altra rivoluzione, quella del cloud computing, ovvero la possibilità di salvare i nostri dati online anziché su dispositivi fisici come hard disk e chiavette USB. Una vera svolta che permetterebbe anche di frenare il pericoloso aumento di e-waste.
Certo, rimangono ancora alcuni ostacoli. In primis la mancanza di una strategia ben strutturata per sfruttare al meglio tutte le potenzialità offerte dalla Rete. Inoltre, il nostro Paese risente di infrastrutture poco adeguate: senza banda larga per tutti, solo una parte della popolazione avrà una connessione efficiente. Infine, serve una sorta di rivoluzione culturale. Perché il web ci può aiutare solo a patto di adottare una filosofia di consumo più consapevole: informarsi e consumare meglio, con un occhio di riguardo alla sostenibilità dei nostri comportamenti quotidiani.
Doris Zaccaria


Fisco, parte il telelavoro per i dipendenti dell'Agenzia


Roma, 16 lug. (Labitalia) - Oltre i confini dell'ufficio, postazione di lavoro ''a domicilio'' per i dipendenti del Fisco. Debutta il telelavoro in Agenzia, grazie a un progetto sperimentale, condiviso con le organizzazioni sindacali, che quest'anno riserva 100 posti al personale delle Entrate. Obiettivo dell'iniziativa, che dura due anni, è tutelare le esigenze dei dipendenti in particolari condizioni personali e familiari, che impediscono una presenza regolare in ufficio. Ecco come funziona e cosa prevede il progetto.
Un pc portatile con tastiera, una stampante, una smart-card con il relativo lettore, una scrivania con sedile annesso, un armadio e un estintore. E' il kit del telelavoratore dell'Agenzia, che grazie a una connessione Internet Adsl e un cellulare aziendale, può svolgere la sua attività direttamente da casa, ricostruendo tra le mura domestiche una vera e propria postazione di lavoro e viaggiando in rete dal suo pc virtuale, da cui accede in tutta sicurezza alle principali applicazioni utilizzate in Agenzia.
Può partecipare al progetto il personale impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che si dedica a un'attività che si può svolgere da casa, come ad esempio rispondere agli interpelli, predisporre circolari e risoluzioni, monitorare la giurisprudenza tributaria o gestire il sito Internet e Intranet. A ogni telelavoratore è garantito lo stesso trattamento del personale in sede, sia in termini retributivi sia di formazione e di crescita professionale. Entro il 30 settembre prossimo i responsabili degli uffici interessati a sperimentare il lavoro flessibile potranno predisporre la loro proposta, che sara' valutata dalla direzione competente.

APPREZZAMENTI AL TELELAVORO

La lista di pareri favorevoli al nuovo modo di lavorare, ovvero di Telelavorare è lunga e ciò in risposta e chiara contrapposizione ai detrattori, primi i sindacati.

Telelavoro, km zero, contributi zero

Il telelavoro va incentivato con detrazioni fiscali al posto della rottamazione delle automobili e della vendita delle macchine EuroQualcosa."Sono il titolare di una piccola azienda di sviluppo software. Siamo circa 10 persone, ma il nostro ufficio è di 35 Mq. 5 sono per i server e 5 sono per il bagno! Perché? Perchè lavoriamo TUTTI da remoto da casa. Non siamo distaccati presso nessun Cliente, ma lavoriamo tutti allo sviluppo di applicazioni sofware e ciascuno a acsa propria, con gli orari che preferisce, amministrazione compresa. A che servono i 25 Mq? A riunirci il venerdì per la consueta riunione settimanale e a mangiare i pasticcini quando c'è qualcosa da festeggiare. Ci vuole un po' di organizzazione, ma vi assicuro che TUTTE le aziende non manifatturiere che conosco potrebbero agevolamente tenere almeno il 50% dei dipendenti a casa da SUBITO, con risparmio di costi e gradimento di tutti. Contributi, incentivi? ZERO!!!!!" Eugenio P.
Postato il 16 Luglio 2010 alle
15:31 in Scrivi Ascolta Commenti (26) Commenti piu' votati Invia il tuo video Newsletter Regìstrati Invia ad un amico Condividi Stampa GrilloNews Le opinioni sui Blog Tags: aziende, commento, Eugenio P., incentivi, telelavoro
Commenti

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Grande! Finalmente qualcuno ripropone la questione. L'unico dubbio che ho è che vi mettete contro i seguenti potentati:PetrolieriIndustria automobilistica (e accessori)Concessionari autostradeAssicurazioniIndustria farmaceutica (settore ansiolitici e antidepressivi)Concessionarie Pubblicità Radiotelevisiva (come cazzo fanno a sapere quando mandare gli spot se i consumatori non hanno più orari precisi?)
Poi magari ci manca che facciate le ferie in periodi non congestionati e allora per voi si mette proprio male: un avvertimento stile mafia non ve lo leva nessuno.....
;-))
Michele P., Bassano del Grappa 16.07.10 23:57
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Anche noi siamo un'azienda di sviluppatori. Spesso lavoro da casa connesso all'ufficio mediante una VPN. Addirittura con questo metodo possiamo fornire assistenza ai clienti connettendoci ai sistemi aziendali anche quando siamo in vacanza, senza doverci recare fisicamente in ufficio.Ricordo che 2 anni fa ho risolto un problema connettendomi da Seoul a Monza!!!
Nicola Ottomano 16.07.10 21:16
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Anche a me capita ogni tanto di lavorare da casa, senza recarmi per forza in ufficio (viaggio di sola andata dai 90 ai 120 minuti con i potenti mezzi pubblici milanesi ATM, mica "pizza e fichi"...).Non c'è paragone con il lavoro in ditta.Da casa è tutto più vantaggioso.Si lavora meglio, con più flessibilità, ottimismo, gioia... il che si traduce in risultati migliori.Purtroppo il telelavoro non fa parte della mia quotidianità, sovente devo recarmi presso clienti per analisi e stime progettuali (anch'io lavoro per una software house).
Roberto Chiappa, Milano
16.07.10 20:20
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anch'io...........lo votero'
giacomo biagetti (biagetti.giacomo), Monteciccardo 16.07.10 19:43
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Ho cominciato a occuparmi dell'idea di telelavoro piu' di dieci anni fa, traducendo dall'inglese e studiando altre situazioni.La realta' e' che la maggior parte delle aziende italiane, piccole o grandi, sono ostili.
Qualche applicazione e' possibile solo in alcune, ma molto spesso si spacciano solo call center o forme di schiavitu' al terminale come telelavoro.
Il fatto e' che la mentalita' aziendale non riesce a prevedere una valutazione pacata e obiettiva dei collaboratori basata sull'impegno e i risultati. I capi e capetti si sentirebbero spiazzati, loro sanno solo vedere chi si da' molto da fare ( o finge di) , chi fa tardi la sera (magari cazzeggiando di giorno) e simili.
Difficile accettare questa regola di buon senso, che la maggior parte del lavoro di ufficio si possa svolgere da casa.
Sul telelavoro, pero', potendo obiettare, ammetto che esiste qualche controindicazione, se svolto da casa. Si rischia alienazione, mancanza di "stacco" tra vita lavorativa e vita familiare, interferenze continue delle attivita' domestiche, a volte una sorta di impigrimento, alimentazione disordinata, mancanza di vita sociale.
Molto meglio i telecottage: strutture attrezzate, disponibilita' offerte dai comuni per i residenti, anche se impiegati in differenti realta' aziendali, lontane geograficamente. Cosi' i lavoratori lasciano comunque casa, anche se per raggiungere un luogo vicino, socializzano con altre persone (e senza rivalita' aziendali), si rilassano di tanto in tanto con un caffe', non perdono del tutto i ritmi adeguati di vita e lavoro.
milena d., savona 16.07.10 19:39
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La totalità del lavoro d'ufficio è relativa a informazione e quindi il telelavoro è applicabile.Nelle società industrializzate il settore terziario cuba per circa il 50% o più.http://it.wikipedia.org/wiki/Terziario_(economia)
Quindi circa la metà del lavoro potrebbe essere fatta da casa.Questo porterebbe a sconvolgimenti economici *mostruosi* e ad un sovvertimento del sistema attuale.- Riduzione enorme del consumo di carburanti dell'inquinamento, dello stress e del tempo perso- riduzione delle malattie provocate da stress ed inquinamento e quindi del consumo di farmaci (in particolare psicofarmaci)- riduzione drastica dagli incidenti stradali, dei morti e dei feriti- riduzione delle importazioni di combustibili fossili- miglioramento della bilancia commerciale.- migliaia di palazzi-uffici vuoti e privi di valore commerciale.
In sintesi, aumento della felicità e distruzione del PIL.
That's it!
bruno c., aulla MS
16.07.10 18:12
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....già! ;)
Paolo Cicerone, ★★★★★ 16.07.10 19:27
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Il telelavoro è applicabile in tutti i casi in cui si tratta *informazione*Per la produzione di Beni materiali (oggetti) no.
In casi particolari il telelavoro può anche essere *asincrono* (cioé lavori di notte o quando ti pare) basta rispettare le scadenze e gli abboccamenti con i colleghi.
Un addetto allo sportello per esempio potrebbe lavorare da casa (telelavoro) ma in orario di ufficio (sincrono).
bruno c., aulla MS
16.07.10 18:01
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Sarebbe il mio sogno, poter lavorare gestendo in autonomia gli orari del lavoro e le consegne! Dove lavoro attualmente c'è un modo di "vivere" l'azienda vecchio di 100 anni: il capo-padrone che sotuttoioefacciotuttoiovoinonfateuncazzo, tanto per capirsi...tratta i dipendenti come decerebrati quando il primo decerebrato è proprio lui e i miei colleghi, non appena gira l'angolo, non fanno altro che mandargli tante maledizioni. E' veramente una bruttissima situazione, alle volte vorrei scappare via e mollare questo posto ma penso che ho un figlio piccolo e sto male, non so che fare diamine! Io sono una persona che adora il proprio lavoro ma, grazie a questo personaggio, sto odiando addirittura il solo fatto di aver fatto una scelta piuttosto che un'altra...mah, speriamo in futuro...
Un tizio 16.07.10 17:55
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As a "veteran" of working remote via Internet, I can confirm that it can be done, also in the technical/scientific fields.
I have been working for about five years in the offshore oil and gas sector, originally for a British company and now as a self-employed here in Italy. It was difficult at the beginning, because my manager didn’t like that he could not just come over to my desk and speak with me every day. However, when it became apparent that the same work was being produced, often in less time, everyone who worked with me was satisfied. And so were the clients.
Last year, the company got a new CEO who decided that he didn’t want remote workers in the company. I was told to move to the UK or get fired. I let them fire me and started as a self-employed consultant with the same clients. It can be hard work and long days sometimes, but it lets me live my own life and not one dictated by commuting and company opening hours.
Apologies for not having the time right now to translate my thoughts into Italian.
Julie Dyer 16.07.10 17:54
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X Maia e tutti gli scettici:
Il telelavoro è una realtà tecnologica evidente e come tutte le novità tecnologiche andrebbe sfruttata ed incentivata. E' chiaro che, al momento chi fa lavori manufatturieri non potrà certo evitare di spostarsi da casa per produrre (anche se ultimamente Beppe ha postato un sito dove si possono costruire oggetti a distanza: http://www.thingiverse.com/), ma è altrettanto vero che comunque ne benficerebbe; provate ad immaginare solo il fatto di trovarvi la mattina quando andate al lavoro e la sera quando tornate a casa anche solo un 20% di traffico in meno.
Se i nostri amministratori anzichè costruire e progettare arterie stradali su altre (non ultima la folle idea di una nuova tangenziale a Milano a fianco di quella già esistente) COSTRINGENDOCI ad usare la macchina anche per andare a prendere il pane, iniziassero ad analizzare il flusso del traffico pendolarista e soprattutto DA CHI è formato (più del 50% da lavoratori che hanno un impiego amministrativo), ci sarebbero arrivati da soli alla conclusione che il telelavoro sarebbe stata un'opportunità in più per tutti coloro che non desiderano farsi ore e chilometri di traffico INQUINANDO e stressandosi.
C'è gente che abita vicino al posto di lavoro e che può permettersi di usare il mezzo a motore o quelli pubblici, ma c'è anche chi vive lontano e si deve alzare due tre ore prima col rischio di trovarsi ingorghi stradali e passare la propria giornata al loro interno.Io credo che 2 3 ore in più al giorno da dedicare a sè stessi, alla propria famiglia, a vivere la propria casa e il proprio comune di appartenenza non siano altro che un passo in avanti verso la civiltà ed il benessere.
Paolo Cicerone, ★★★★★ 16.07.10 17:54
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Oh, ma che bel sistema...! ZERO contributi! E la pensione???
Pierangelo Tendas, Tempio Pausania (OT) 16.07.10 17:43
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Io ho lavorato un anno da casa, niente male....si produce moooolto di più e si lavora anche di +. Il bello però è che quando non hai da fare ti svaghi...senza stare forzatamente seduto su una scrivania a non fare una mazza.Inoltre si riesce a guadagnare circa 3 orette al giorno(almeno nel mio caso) di tempo non perso nel traffico. Senza poi contare le spese in meno di benzina, manutenzione auto ed eventuali incidenti.Serve solamente responsabilità nel fare le cose e sicuramente un po' di esperienza nel lavoro che fai. Ciao a tutti.
Francesco Basileo 16.07.10 17:33
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Io ho tre figli e lavoro da casa per un'azienda in UK. Li chi fà lo stesso lavoro paga pocche tasse perche il redito è basso (si guadagna a lavoro eseguito percio' + lavori + guadagni meno lavori meno guadagni)ma va bene per molte donne che vogliono fare qualcosa per contribuire alle spese di casa senza rinunciare hai figli. Un'altra mia amica fa la tradutrice sempre a casa. Questi sono modi per lavorare senza essere lontani da casa. Certo ci sono i pro e i contro ma per me é l'ideale, posso pure avviare la lavatrice durante la mia pausa caffé! Almeno quando ho bisogno di uscire di casa perche ci sono le riunioni sindacali delle maestre non devo chiedere il permesso a nessuno, basta che faccio il mio lavoro entro i tempi, non importa se mi sveglio alle 5 per combattere il caldo di questi giorni o se lavoro alle 22 quando dormono i miei figli!
lombrica p 16.07.10 17:27
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Ciao a tutti, Lavoro nel mondo dei sistemi informativi aziendali da quasi tre lustri e ho sempre rotto le scatole per poter lavorare da casa. Sì: bisogna sempre rompere le scatole per ottenere il telelavoro dato che viene visto come un modo per "imboscarsi" dai manager che gestiscono i dipendenti. Ma hanno torto ! E' vero che ci sono delle difficoltà nelle relazioni a distanza, che non tutte le mansioni possono essere svolte in remoto e non tutti i dipendenti hanno la propensione a farlo, ma quando ci sono le condizioni, i vantaggi sono molto maggiori dello restare in sede.
Basti pensare che io ho cominciato alla fine degli anni '90 a telelavorare qualche giorno alla settimana (abito a Venezia ma sono dipendente di una azienda di Milano i cui clienti, sfiga... sono sempre distanti da me); poi ho telelavorato sempre di più, fino ad arrivare ai giorni nostri con tanti successi all'attivo. Per esempio ho lavorato per aziende nostre clienti dal 2004 continuativamente senza mai metterci piede dentro ! Ci sono colleghi dei quali conosco solo la voce (mai incontrati di persona, solo via telefono/Skype) e con i quali collaboro da ANNI.
Si rende di più o di meno da casa ?Rispondo con un'altra domanda: secondo voi, finora mi avrebbero pagato (ed aumentato) lo stipendio se non avessi lavorato bene !?!
Il telelavoro spinge l'azienda ad improntare le attività per OBIETTIVI: si definisce cosa c'è da fare ed in quanto tempo. Alla scadenza si misurano i risultati. Fine. Che cosa importa se sono stati ottenuti restando in ufficio, oppure a casa propria ?
Cosa costa di più ? Una postazione di lavoro per tutti i dipendenti, il loro trasporto, gli orari da rispettare... Restando a casa ci si organizza con molto meno.
Oggi la crisi sta mettendo in seria difficoltà tutti i comparti, compreso il mio. Beh, se si vuole cercare di ottimizzare e risparmiare, io suggerisco: considerate il telelavoro e rompete le scatole perchè sempre più aziende lo adottino !
Troppo poco spazio qui...
Mario Andreato 16.07.10 17:10
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Scusate, siccome io sono una signora anziana e forse anche un po' rimbambita, chiedoma con telelavoro sarà possibile fare, per esempio un bicchiere? O fare quel monitor che vi permette di stare seduti in poltrona?Oppure si potrà confezionare un bel piumino caldo per difenderci dal freddo?E poi, da soli i problemi come li risolverete. Non credete che in un'ambiente di lavoro ci possa essere anche uno scambio di opinioni, di amicizie, una volta bandita la competitività, che mette gli uni contro gli altri a discapito di tutti? Quali le garanzie per la vecchiaia?Un saluto a tutti.
Maia T., Como 16.07.10 17:10
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Anche se non sono un grande esperto, posso in parte risponderle io.Lei parla di settori come quello primario e secondario (che va dagli agricoltori ai metalmeccanici) che col telelavoro non c'entrano granché, purtroppo. In questo caso, no, non è rinc****onita, e la vecchiaia non c'entra.Però c'è una fetta considerevole che è il settore terziario (come gli uffici) in cui parte del lavoro può essere fatto, parzialmente o per un periodo di tempo, a casa, collegati al pc. La larga parte del lavoro d'informatica, come quella del mio geniale omonimo (che Dio benedica lui e quelli che del ramo la pensano come lui) può essere fatta per esempio a casa senza colpo ferire e con grande risparmio per le aziende. Poi ovviamente ci possono essere riunioni o eventuali incontri, per cui è meglio vedersi in faccia. Ma questo può accadere ogni tanto. Si può fare ogni tanto, no? Il telelavoro potrebbe essere anche la risposta a chi ha problemi handicap fisici più o meno seri e capisce bene il mezzo informatico. Semplicemente senza telelavoro questi sono disoccupati.
Eugenio O. 16.07.10 18:01
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siamo interessati potrebbe inviarci la sua storia ?
Marina C. 16.07.10 16:59
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A quale Eugenio parli? O o P? :)
Eugenio O. 16.07.10 17:09
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Eugenio, mi piaci sul serio.E non solo per l'omonimia! :)
Ps.: fammi sapere se sei di Roma che ti passo il curriculum!
Eugenio O. 16.07.10 16:55
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C'è un interessante studio segnalato su un libro di Daniel Goleman (non ricordo a memoria ma se qualcuno è interessato controllo) che dimostra che questo paradigma non è affatto scontato.Molte aziende americane avevano sposato la teoria del telelavoro, ma uno studio di una università americana ha dimostrato come, a differenza di quanto si possa credere, la produttività anziché aumentare, diminuisce.Questo perché l'assenza di una socialità, di un confronto continuo, della necessità di rispettare orari e l'uscire dal proprio ambito famigliare alla lunga porta ad uno sfaldamento dell'autostima e della capacità di relazionarsi.Molte aziende sono tornate, dopo questa esperienza, ad assumere in sede i dipendenti, operando con un diverso approccio per motivare e non deprimere.Io farei molta attenzione a non banalizzare questa questione, e a non renderla troppo semplice, dato che semplice non è, anche perché siamo tutti diversi.
Luigi 16.07.10 16:35
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Tralasciando il fatto che gli studi americani sono in grado di dire tutto e il contrario di tutto a seconda di chi produce il finanziamento che li sovvenziona (troppi esempi per citarli tutti), non capisco per quale motivo bisogni restare ingessati in una mentalità preesistente. E' vero che uscire di casa fa bene, ma esistono le vie di mezzo. Una riunione 2 o 3 volte la settimana è persino un piacere. 200 km di strada dal lunedì al venerdì, non credo. Per forza ci si fa l'amante in ufficio: si vive lì, non a casa!Non è tanto un problema di mobilità, quanto di qualità della vita: il telelavoro consente una maggiore flessibilità di orario... se si hanno degli interessi extracurriculari, c'è qualcosa di male nel seguirli? Magari, che ne so, dei figli...Un'altra soluzione ad un problema adiacente è la flessibilità d'orario aziendale. Così non si va nel panico per ritardi e imprevisti, non è necessario chiedere permessi imballando la burocrazia per cose come visite mediche, esami universitari o altro. Chiaramente non tutte le occupazioni lo permetterebbero... ma, Cristo, cosa significa, in italiano, "flessibilità"? Solamente mettersi a 90° e ringraziare pure?
SoloUna Traccia 16.07.10 17:16
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Il mio lavoro è a casa da diverso tempo, mi occupo di ecommerce e marketing online come libero professionista. Vi posso dire che molto più costruttivo, sotto molti punti di vista, poter gestire il proprio tempo come e quando si vuole. Lavorare anche di notte o sulla poltrona di casa se si desidera, basta organizzarsi. Questo è il futuro ma le aziende in Italia hanno ancora la generazione vecchia che comanda, è quella che va cambiata assieme alla mentalità costruttiva e voglia di fare. Con felicità ed entusiasmo
Sabina M 16.07.10 16:15
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CIAO BEPPESE NON CI FOSSE AL CONFINDUSTRAI ETC E SI INCENTIVEREBBE IL TELELAVORO, FORSE DICO FORSE GRANDI PASSI PER RIARICCHIRCI E PER RIMRETTERCI A LAVORARE NE AVREMMO FATTI,ALTRO CHE MERCATO DEL PRECARIATOALVISE
alvisea fossa, nervesa della battaglia 16.07.10 16:10
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Vi dirò anche di più: da casa si lavora meglio e più volentieri!!http://carloruberto.blogspot.com/2010/07/brasile-berlusconi-spaventa-leuropa.html
carlo ruberto 16.07.10 15:57
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Io e il mio dipendente abitiamo sopra il lavoro.
Contabile e commercialista lavorano da casa con il telelavoro.
Io non ho nemmeno i server in azianda perche i programmi sono tutti ON-Line e si possono usare da qualsiasi pc in rete (una volta ho lavorato ache dalla svezia mentre ero in vacanza.)
le commissioni in cita' le faccio in bicicletta.
solo pochi anni fa...facevo 80 km al giorno par venire a lavorare.
Ora e' un sogno!Mi e' pure passata la sciatica!
Massimiliano P., Bologna 16.07.10 15:49
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venerdì 16 luglio 2010

ELENCO TELEFONICO INTERNI - DIREZIONE GENERALE

D I R E Z I O N E   G E N E R A L E

Direttore Generale  - Dott. xxxxxxxxxxx - 2xxx      dir.generale@aslba.it
Direttore Amministrativo - Dott. xxxxxx -  2xxx      dir.amm.vo@aslba.it
Direttore Sanitario -  Dott. xxxxxxxxxxx -  2xxx      dir.sanitario@aslba.it 
STAFF della DIREZIONE GENERALE



Aree Aziendali Coordinamento Provinciale

  • AREA GESTIONE ______________
Responsabile - Dott.  xxxxxxxxxxx      2xxx -  responsabile.agp@aslba.it
Segreteria........................................... 2xxx  -  segreteria.agp@aslba.it
Funzionario.........................................2xxx   -  funzionario....@aslba.it
Funzionario.........................................2xxx
FAX...................................................................... 2497

mercoledì 14 luglio 2010

RIFLESSIONI E PARADOSSI


INFORMAZIONE  O  LAPIDAZIONE


Io non ci sto!
I giornali in Italia non sono ne organi di informazione e ne di criticaa\culturale
La presunzione di innocenza vale sino al terzo grado!!! Salvo che dinazi a prove schiaccianti gli indagati non hanno difese umane; e tuttavia anche sui patteggiamenti ci sarebbero da riempire libri a tutela degli imputati.
I giornali in Italia si sostituiscono ai giudici, in Italia i giornali sono come "le commare nei condomini".


Un paese tra le mani della disinformazione, una carovana di giornalisti che sguazzano nelle veline giudiziarie.
Un paese di pubblici ministeri a rincorrere gloria, una casta di laureati pronti a scioperare per 200 euro in meno a fronte di stipendioni da 100.000 euro l'anno in su.


Vogliamo solamente citare per clamore l'ultimo caso giornalistco-giudiziario? Il Procedimento penale a Filippo Pappalardi, papà di Ciccio e Tore, sbattuto come il super mostro su tutti i media, evidenziando con immagini la sua carcerazione; di contro la Cassazione ritenne che quell'uomo non andava carcerato.
Ognuno di noi può esprimere opinioni, pareri, perplessità, ma il giudizio morale e penale verso gli altri è attribuito ai giudici, con tutti i loro limiti e i loro errori. 


Non è necessario per l'opinione pubblica, evidenziare i nomi degli arrestati ma è sufficiente citare il ruolo che ricoprono in quella azienda o amministrazione, poichè è il loro datore di lavoro il primo ad essere parte offesa e quindi ben può tutelare, con i mezzi giuridici, se stessa e gli interessi della collettività. Lo stesso dicasi per i politici, i loro partiti ricevuta la notizia dall'autorità giudiziaria dovrebbero sospendere la loro carica e il ruolo istituzionale.
Non occorre una legge per i giornalisti, ma un codice di autodisciplina!

---------------------------------------LA STAMPA ITALIANA---------------------------------.
Sanità, interrogatori al via dal gip Colella e Del Re


L'indagine riguarda tre gare pubbliche milionarie indette dalla Asl di Bari tra il 2008 e il 2009 per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti nelle strutture sanitarie e per il completamento delle attrezzature e degli arredi di laboratorio dell'Oncologico di Bari
Sono cominciati questa mattina e sono in corso gli interrogatori di garanzia di due delle cinque persone agli arresti domiciliari da sabato scorso perchè indagate in una delle inchieste della Procura di Bari sulla sanità pugliese in cui è coinvolto anche l'ex assessore regionale alla Salute Alberto Tedesco.


Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip Vito Fanizzi su richiesta dei pm Desirè Digeronimo, Marcello Quercia e Francesco Bretone. Oggi vengono interrogati Nicola Del Re, dirigente della Asl di Bari e Antonio Colella, ex capo area gestione patrimonio della stessa Asl. Giovedì prossimo, invece, saranno interrogati Michele Columella, legale rappresentante della società Viri di Altamura che si occupa dello smaltimento di rifiuti, Francesco Petronella, titolare di fatto della stessa società e l'altro dirigente della Asl di Bari, Filippo Tragni.
L'inchiesta
Affari sporchi nella sanità: altri 5 arresti
Rifiuti e appalti pilotati: indagato il senatore Tedesco
La notifica a tre manager Asl e due imprenditori


BARI - Nuovo capitolo del business illegale e delle gare d’appalto truccate o pilotate nella sanità pugliese. Questa volta l’inchiesta che ha portato a nuovi cinque arresti è quella di Desireé Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia, l’altro pool di magistrati che indaga su quella fetta del malaffare che ha gestito illegalmente «l’impresa sanità» in cui è coinvolto l’ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco, ora senatore del Pd. Le persone arrestate ieri dai carabinieri sono tre dirigenti dell’Asl Bari, Antonio Colella, Nicola Del Re e Filippo Tragni e due imprenditori, il legale rappresentante dell’azienda Vi.Ri. Michele Columella, e il titolare di fatto della stessa società, Francesco Petronella. A tutti è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Sergio Fanizzi: a vario titolo vengono contestate la corruzione, la turbativa d’asta e il concorso in violazione del segreto istruttorio.


Il gip ha condiviso l’impianto accusatorio della Procura ma ha respinto la richiesta di arresto per il genero e il segretario di Tedesco, Elio Rubino e Mario Malcangi, «ma è stato riconosciuto l’intero impianto accusatorio» ha spiegato il procuratore capo Antonio Laudati. Ad ogni modo la Procura ha annunciato il ricorso al Tribunale del Riesame. Nell’inchiesta il senatore Tedesco è indagato per turbativa d’asta, concorso in violazione del segreto d’ufficio e corruzione. «L’indagine - è scritto in una nota della Procura - ha consentito di far luce su un torbido ed illecito intreccio fra il management sanitario e l’imprenditoria operante nel settore e il coinvolgimento dell’ex assessore regionale Tedesco nei cui confronti sono al vaglio degli inquirenti ulteriori vicende sospette». Nelle intercettazioni captate dai carabinieri gli indagati fanno riferimento a nomi di politici: tra questi Nichi Vendola, Massimo D’Alema e Dario Franceschini, che non risultano coinvolti in nessun modo nell’inchiesta.


Le indagini in questo specifico filone d’inchiesta (i reati sono stati commessi tra febbraio 2008 e giugno 2009) hanno riguardato le milionarie gare pubbliche indette dalla Asl di Bari per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti nelle strutture sanitarie ed amministrative dell’ente e il completamento delle attrezzature dell’Irccs Giovanni Paolo II Oncologico di Bari: i lotti 2 e 4 in particolare. Nella gestione di questi appalti «è stata evidenziata l’illecita ingerenza degli indagati a sostegno degli interessi economici» di tre aziende, la Viri srl, specializzata nella raccolta smaltimento dei rifiuti speciali, la Draeger Spa, rappresentata dal nipote di Tedesco, e la Consanit scpa, per l’aggiudicazione di altrettanti appalti dalla Asl di Bari. Il primo appalto, quello della Viri, ha un importo di circa 5 milioni di euro ed è relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti dalle strutture sanitarie della Asl; il secondo assegnato alla Draeger (socio anche Salvatore Matarrese) è di circa 2 milioni e 600mila euro e riguarda la fornitura di attrezzature necessarie per il completamento della nuova sede dell’Oncologico-Giovanni Paolo. Il terzo appalto alla Consanit, di 2 milioni di euro per arredi di laboratorio sempre per l’Oncologico. «Allarmante è risultata - scrivono gli inquirenti - la facilità con cui gli indagati intervenivano nelle sedute dei seggi di gara al fine di attribuire punteggi decisamente superiori nelle valutazioni delle offerte dal punto di vista tecnico e qualitativo rispetto alle ditte concorrenti».


Per pilotare le gare - secondo l’accusa - venivano rivelate notizie segrete inerenti l’istruttoria e con la complicità di pubblici funzionari assecondavano le richieste delle ditte che poi sono risultate vincitrici. «Nelle vicende in esame Tedesco si inserisce decisamente nel turbamento della gare per i rifiuti speciali vinta dalla Vi.Ri.- scrive la Procura - di cui segue attentamente le sorti attraverso la concreta ed interessata ingerenza nell’istruttoria della stessa per il tramite del proprio genero Elio Rubino». Una circostanza resa possibile-secondo l’accusa - dalla complicità dei componenti delle commissioni di gara. Nicola De Re e Filippo Tragni. Anche nella gara dell’oncologico sarebbe stata riscontrata l’attività illecita di turbativa d’asta «posta in essere dal Rubino e Mario Malcangi (segretario di Tedesco, ndr) e dal pubblico funzionario Antonio Colella», già coinvolto in un’altra inchiesta sulla sanità.


Sanità, i diktat di Tedesco


Nelle carte dell'inchiesta molte le intercettazioni. L'imprenditore amico del premier vuole evitare il processo: la parola al gip


Un direttore del personale da eliminare perché non collaborativo, un complice da regolarizzare professionalmente. Si muoveva così, imponendo diktat, secondo il gip Vito Fanizzi, l'ex assessore regionale Alberto Tedesco, al centro di un intreccio fra imprenditoria e management della sanità barese, che sabato ha portato agli arresti domiciliari cinque persone. Oggi cominceranno gli interrogatori di garanzia. E intanto, Procura e avvocati hanno concordato il patteggiamento a due anni e mezzo per Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore amico del premier, accusato di detenzione di droga. Toccherà ora al gip decidere se concedere il rito alternativo al processo. L'assessore ordinava ed era davvero difficile dirgli di no. Non ci sarebbe riuscita nemmeno Lea Cosentino, all'epoca direttore generale della Asl barese, alla quale Alberto Tedesco chiedeva, anzi imponeva, la stabilizzazione di funzionari suoi complici. Contro i diktat del politico si dibattevano anche i manager dell'Oncologico, giustamente timorosi di commettere irregolarità.


Su questa linea di comportamento si sarebbero mossi, secondo il gip di Bari Vito Fanizzi, amici e vittime del "sistema Tedesco". Un "torbido intreccio", come lo ha definito la Procura, che sabato scorso ha portato all'arresto (ai domiciliari) di cinque persone fra imprenditori e management della sanità barese. E, al centro, ci sarebbe stato il senatore pd Alberto Tedesco, che all'epoca dei fatti ricopriva ancora l'incarico di assessore regionale alla Salute.


Era lui, secondo l'accusa, a condizionare l'esito di appalti milionari (tre quelli finiti sotto indagine) in favore di aziende riconducibili a lui, come la Consanit (il cui legale, Egidio Sarno in un comunicato lo esclude), o la Vi. ri di Altamura, di imprenditori come Michele Columella e Francesco Petronella (entrambi ai domiciliari) al politico molto vicini. In cambio ne riceveva appoggi elettorali. E, per convincere i funzionari della Asl a pilotare le gare, prometteva loro di stabilizzarli all'interno dell'azienda.


Chi si frapponeva nel suo disegno andava eliminato, come accade al direttore del personale della Asl, Vito Michele Zambetta, "poco collaborativo". Il 10 aprile Tedesco telefona alla Cosentino: "Si sta spargendo la voce che credo sia stata messa in giro da questo stronzo di Zambetta che noi non facciamo la stabilizzazione dell'Asl di Bari - tuona Tedesco - Ma non lo puoi togliere di mezzo sto Zampetti!". E lei, subito: "Sì, sì, immediatamente, intanto lo mando in ferie".


Meno disponibili i manager dell'Oncologico Nicola Pansini e Luciano Lovecchio ai quali Tedesco vuole imporre la stabilizzazione di Nicola Del Re (anche lui ai domiciliari), che però non ne ha le caratteristiche necessarie. La discussione, intercettata con le microspie il 13 novembre 2008, riporta uno scontro fra i due da una parte, e l'assessore dall'altra:


Tedesco: "Perché non lo vuoi fare?".
Lovecchio: "Perché devi stabilire nel ruolo che uno ha ricoperto".
T.: "Tu forse non hai capito, le dobbiamo stabilizzare tutte, fino all'ultima"
L.: "Io non sono niente".
T.: "Le dobbiamo stabilizzare, lo dico al direttore, al vice direttore, al condirettore"
A quel punto subentra Pansini, spiegando che una delle persone che avevano fatto richiesta regolare era stata stabilizzata, per Del Re è diverso.
T.: "fategli una cosa! Chi cazzo verrà mai a vedere le carte!".
L.: "Ma sei impazzito".
Tedesco insiste e i due si difendono.
T.: "Devono andare alla stabilizzazione".
L.: "Infatti, l'unico che non sarà stabilizzato sai chi è? Nico Del Re".
T.: "No, sarà stabilizzato pure Del Re, non ti preoccupare tu, pure tu mi stai dicendo di no e lo stabilizzerai a quello".
 
Petronella al telefono: “I voti ad Altamura se non te li do io non te li dà nessuno”
19 lug 2010
C’è anche un riferimento a Massimo D’Alema nelle carte dell’inchiesta sulla presunta corruzione attorno alla sanità regionale. Il presidente del Copasir è citato, nel corso di un’intercettazione dell’8 marzo 2008, relativa a una telefonata tra Mariella Cattaneo, moglie dell’ex assessore alla Salute e attuale senatore del Pd Alberto Tedesco, e Francesco Petronella, l’imprenditore della Vi.Ri.. La registrazione, che di seguito riportiamo, è inserita nel capitolo dell’ordinanza destinato a provare il presunto scambio tra Tedesco e l’imprenditoria: appalti milionari per voti. Nella telefonata, Petronella fa notare alla Cattaneo che “i voti nel circondario di Altamura grazie a Columella (Carlo, coamministratore della Vi.Ri, ndr) si prendono”.


Petronella (P): …mo lo devo chiamare, lo devo chiamare perché gli devo dire ieri è stato circondato da altre persone di Altamura e a me non mi ha chiamato mica. Mo glielo devo dire Mariella.
Cattaneo (C): perché chi si è scordato?
P: ieri sera a D’Alema, no, stavano altre persone di Altamura amici miei…
C: ah. E tu perché non sei andato?
P: e Mariella perché…
C: ma lui…ma lui non voleva nessuno perché non voleva riempire le sale. Hai capito?
P: e lo so, difatti io non sono andato Mariella e non ho mandato nemmeno nessuno, ma questi stavano là e sono andati a salutare. Mo gli devo dire ‘non ti illudere che i voti ad Altamura se non te li do io non te li dà nessuno’…lo devo sfottere un po’.
Petronella, dunque, sarebbe nelle condizioni di muovere una massa di voti a favore di politici.


L’intercettazione, comunque, non prova nulla. Lo stesso Petronella potrebbe millantare un’amicizia con il presidente del Copasir.


E’ certo, però, che la Procura ipotizza che i voti sarebbero stati destinati a Tedesco per il suo interessamento alle gare d’appalto. Nel mirino degli investigatori c’è la gara, vinta dalla Vi.Ri., per la raccolta dei rifiuti. Un appalto del valore di 5 milioni di euro, che la società vince grazie al presunto interessamento dell’ex assessore. Come? Secondo la Procura attraverso “l’intervento politico nei confronti di pubblici funzionari (Nicola Del Re e Filippo Tragni, funzionari dell’Asl Bari, ndr) per lo sblocco di pratiche amministrative connesse ad interessi economici imprenditoriali del gruppo Vi.Ri”. Un interessamento che si sarebbe tramutato nella promessa dell’acquisto di un appartamento, del valore di 550mila euro. In particolare, il gip Vito Fanizzi riporta un’intercettazione ambientale del 25 luglio 2008, in cui “l’Assessore – si legge nell’ordinanza – dovendo acquistare un appartamento del valore di 550mila euro e non avendo, al momento, la disponibilità economica, riferisce al Petronella di chiedere al cognato Carlo Dante Columella la disponibilità all’acquisto in attesa, da parte sua, di monetizzare la vendita di un appartamento ricevuto dalla moglie in eredità”.


Tedesco (T): io invece ti volevo dire una cosa…, così, se la cosa è fattibile se non è fattibile non fa niente! Io devo…, ho trovato una (incomprensibile) (inc)
Petronella (P): Uh?
T: Però…non ho ho soldi non…, Mariella per nel frattempo ha avuto in eredità un appartamento che hanno al paese loro che abbiamo messo in vendita, ma, se andiamo con i tempo propri là non riusciamo, l’appartamento vale 590mila euro, a 550mila lo venderebbe, quindi puoi dire a Carlo se ha interesse ad acquistare?
P: Si!


Al riguardo di questo acquisto, come di tutte le altre imputazioni, Tedesco ha detto, in un’intervista rilasciata a Barisera: “Sto ancora aspettando di essere interrogato”. L’ex assessore, infatti, da quando è stato indagato, pur avendo fatto richiesta non è mai stato chiamato dalla Procura per raccontare la sua versione fatti e, nel caso, chiarire tutte le imputazioni a suo carico.
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ANTIFRASI
Intercettazione dell'aprile 2010. Luogo imprecisato in Brianza.

B/P3: L'Italia è fallita

T/Rex: E' sufficiente non dirlo

T/Rex: ... e dire il contrario è ancora più efficace!

B/P3: Ma l'Italia è fallita lo stesso, ogni mese il debito pubblico cresce di 10/15 miliardi, sai perfettamente che tra poco non riuscirai a pagare gli interessi sul debito... Raccontare balle non serve più... 1900 miliardi di debito previsti per la primavera 2011...

T/Rex: Faremo la politica dell'Antifrasi (*)1...

B/P3: Antifrasi?

T/Rex: Si, un po' come l'Antimafia che si mette d'accordo con Provenzano...

B/P3: (Risate...)

T/Rex: E' semplice, faremo il contrario della Grecia

B/P3: Spiegami

T/Rex: George Papandreou ha annunciato il default, tu dirai che siamo in ripresa, che stiamo meglio della media degli Stati europei (*)2

B/P3: Io lo dico pure, sai che non ho problemi... ma la barca affonda comunque... La disoccupazione reale è la più alta di Europa, gli stipendi sono i più bassi e i soldi della cassa integrazione stanno per finire

T/Rex: La Grecia ha prima dichiarato la crisi e poi ha attuato le misure anti crisi. Una figura di merda... Noi faremo invece una bella figura. Attueremo le misure anti crisi senza dichiarare il pre default, ma diremo che sono per il rilancio

B/P3: Gli italiani sono stupidi, ma non fino a questo punto...

T/Rex: Tu li hai sempre sopravvalutati, altrimenti gente come Ingroia e Travaglio sarebbe già in carcere tra l'esultanza del popolo. Beh, con loro puoi sempre provarci più avanti...

B/P3: Abbiamo alternative?

T/Rex: Sì, il colpo di Stato, ma lo vedo bene solo come ipotesi di riserva, Papandreou ha bloccato gli stipendi dei dipendenti pubblici, aumentato l'età pensionabile, messo in vendita le isole greche (*)3. Noi faremo lo stesso. La chiameremo manovra per lo sviluppo e diremo che ce la impone l'Europa. L'Italia sarà venduta ai privati attraverso il federalismo demaniale, per la pensione ci vorranno oltre 40 anni di contributi e ci sarà il blocco degli aumenti al settore pubblico per tre anni. L'importante è tenersi buone la Confindustria e le banche. Non toccheremo i guadagni delle concessioni pubbliche e non tasseremo il settore bancario

B/P3: Che ne dici di due spaghetti alla puttanesca e un branzino?

T/Rex: Eccellente idea, a tavola volevo parlarti dei Parchi Pubblici in concessione ai privati e della tassa sul macinato, sai... quella vecchia legge dell'Ottocento di Luigi Menabrea

B/P3: Ah, volevo chiederti, ma il default riusciremo a evitarlo?

T/Rex: No, ma non se accorgerà nessuno





(*)1 Antifrasi: consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa. Si divide in ironia (più leggera) e sarcasmo (pesante)


(*)2 Fatto effettivamente avvenuto con la dichiarazione di crescita del Pil italiano superiore agli Stati europei (+ 0,4%)


(*)3 Marzo 2010, il Governo greco vara una serie di misure volte a sanare i conti pubblici, quali il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici e una riforma del sistema pensionistico, per un totale di 4,8 miliardi di euro


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NON TUTTE LE CASTE SONO UGUALI


Gent.mo Presidente o se mi fosse permesso affettuosamente Silvio, ho appreso come tanti italiani, fra le tante notizie farlocche dei telegiornali che prossimamente vi sarà uno tsunami economico-finaziario e in particolare che i contratti di lavoro per i pubblici dipendenti non saranno rinnovati per i prossimi quattro anni, notizia peraltro che mi è costata la caduta della mia favorita birra Beck's sul timballo.
Ora. mi consenta Cavaliere, per carità capisco bene che il paese non naviga in buone acque, non addentriamoci neanche nei motivi altrimenti dovremmo ripercorrere le strade della prima repubblica e fare una fermata anche al periodo del suo ex compare Bettino, però e accidenti se non si impone il "però" qui la dieta dimagrante la dobbiamo fare tutti, apprezziamo il simbolico gesto di esservi ridotto del 10% lo stipendione, ma come si dice a Napoli: "ca' nsciun e fess", ah con l'occasione saluti ad Apicella!
Ergo, Ti invito, affettuosamente Silvio a leggere l'articolo qui sotto, come lo leggeranno tanti italiani e che condivideranno il paradosso che rimarrebbe se non energicamente risolto e all'uopo mi permetto di chiederti in milanese "Ghe pensi ti?" Pensavo, ritieni opportuno coinvolgere anche il Renato, Brunetta s'intende?
Saluti in Famiglia
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Fatturati miliardari Bilanci segreti. Uno sterminato patrimonio immobiliare. E organici colossali, con migliaia di dipendenti pagati dallo Stato. Sono una macchina di potere e di denaro. Temuta perfino dai partiti Politici
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Continuano a promettere bilanci consolidati, tranne poi guardarsi bene dal metterli nero su bianco. Forse perché i numeri racconterebbero come le organizzazioni dei lavoratori, difendendo con le unghie e con i denti una serie di privilegi più o meno antichi, si siano trasformate in autentiche macchine da soldi. Con il benestare di un sistema politico giunto ai minimi della popolarità e spaventato dalla loro capacità di mobilitazione. Che a sua volta dipende proprio, in grandissima parte, da un formidabile potere economico alimentato a spese della collettività: se c'è un problema di costi della politica, allora il discorso vale anche per il sindacato. Se non di più.
Quasi dieci anni fa, alla fine del 1998, un ingenuo deputato di Forza Italia, ex magistrato del lavoro, convinse 160 colleghi a firmare tutti insieme appassionatamente un provvedimento che obbligava i sindacati a fare chiarezza sui loro conti. Dev'essere che nessuno gli aveva ricordato come solo pochi anni prima, nel 1990, Cgil, Cisl e Uil fossero state capaci di ottenere dal parlamento una legge che concede loro addirittura la possibilità di licenziare i propri dipendenti senza rischiarne poi il reintegro, con buona pace dello Statuto dei lavoratori. Fatto sta che, puntuale, la controffensiva di Cgil, Cisl e Uil scattò dopo l'approvazione del primo articolo con soli quattro voti di scarto. "È antisindacale", tuonò con involontario umorismo l'ex capo cislino Sergio D'Antoni. Lesti i deputati del centro-sinistra azzopparono la legge, mettendosi di traverso alle sanzioni (tra i 50 e i 100 milioni) previste in caso di violazioni. Alla fine la proposta di legge è rimasta tale, così come tutte quelle presentate in seguito, anche in questa legislatura. "È il sindacato che detta tempi e modalità", titolava del resto nei giorni scorsi il confindustriale 'Sole 24 Ore', all'indomani dell'accordo sullo scalone pensionistico.Il risultato è che i bilanci dei sindacati, quelli veri, non sono mai usciti dai cassetti dei loro segretari. "Il giro d'affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3 mila e 500 miliardi di vecchie lire", sparò nell'ottobre del 2002 il radicale Daniele Capezzone, "e il nostro è un calcolo al ribasso". Non ci deve essere andato molto lontano, se è vero che oggi il fatturato consolidato di corso d'Italia abbia raggiunto il tetto del miliardo di euro. E ancora: se è vero che quello del sistema Uil, non paragonabile per dimensioni, metteva insieme 116 milioni già nel 2004, esclusi Caf, patronati e quant'altro. Fare i conti in tasca alle organizzazioni sindacali, che hanno ormai raggiunto un organico-monstre dell'ordine dei 20 mila dipendenti, è difficile, anche perchè le loro fonti di guadagno sono le più disparate. Ma ecco quali sono i principali meccanismi di finanziamento e le cifre in ballo.
Il sostituto d'incasso
La maggiore risorsa economica di Cgil, Cisl e Uil ("I tre porcellini", come ama chiamarli in privato il vice premier Massimo D'Alema) sono le quote pagate ogni anno dagli iscritti: in media l'1 per cento della paga-base; di meno per i pensionati, che danno un contributo intorno ai 30-40 euro all'anno. Un esperto della materia come Giuliano Cazzola, già sindacalista di lungo corso della Cgil ed ex presidente dei sindaci dell'Inps, parla di almeno un miliardo l'anno. Secondo quanto risulta a 'L'espresso', il solo sistema Cgil ha incassato nel 2006 qualcosa come 331 milioni. Una bella cifra, per la quale il sindacato non deve fare neanche la fatica dell'esattore: se ne incaricano altri; gratuitamente s'intende. Nel caso dei lavoratori in attività, a versargli i soldi ci pensano infatti le aziende, che li trattengono dalle buste paga dei dipendenti. Per i pensionati provvedono invece gli enti di previdenza: solo l'Inps nel 2006 ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Nel 1995 Marco Pannella tentò di rompere le uova nel paniere al sindacato, promuovendo un referendum che aboliva la trattenuta automatica dalla busta paga (introdotta nel 1970 con lo Statuto dei lavoratori). Gli italiani votarono a favore. Ma il meccanismo è tuttora vivo e vegeto: salvato, in base a un accordo tra le parti, nei contratti collettivi. Le aziende, che pure subiscono dei costi, non sono volute arrivare allo scontro. E lo stesso ha fatto il governo di Romano Prodi quando, più di recente, Forza Italia ha presentato un emendamento al decreto Bersani che avrebbe messo in crisi le casse sindacali. In pratica, la delega con cui il pensionato autorizza l'ente previdenziale a effettuare la trattenuta sulla pensione, che oggi è di fatto a vita, avrebbe avuto bisogno di un periodico rinnovo. Apriti cielo: capi e capetti di Cgil, Cisl e Uil hanno fatto la faccia feroce. Il governo, a scanso di guai, ha dato parere contrario. E l'emendamento è colato a picco.
Lo strapotere dei Caf
I Centri di assistenza fiscale rappresentano per i sindacati un formidabile business. Per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati vengono pagati dagli enti previdenziali. Solo l'Inps per il 2006 verserà ai 74 caf convenzionati 120 milioni. A fare la parte del leone saranno le strutture di Cgil, Cisl e Uil, che insieme totalizzeranno circa 90 milioni. Non basta. Per i lavoratori in attività i Caf incasseranno dal Fisco 15,7 euro per ognuna delle 12.261.701 dichiarazioni inviate agli uffici nel 2006. Il ministero sborserà dunque 186 milioni e spicci. Anche in questo caso, secondo i conti che 'L'espresso' ha potuto esaminare, la fetta più grande della torta andrà a Cgil (38 milioni, 195 e 177 euro), Cisl (30 milioni, 763 mila e 485) e Uil (12 milioni, 78 mila e 793 euro). Un piatto ricco, considerando che i Caf ricevono inoltre, come contribuzione volontaria, una media di 25 euro dalle tasche dei contribuenti aiutati nella compilazione del 730 (per un totale di 175 milioni, secondo Cazzola) e mettono insieme un'altra cinquantina di milioni per il calcolo di Ise e Isee (i redditometri per le famiglie che chiedono prestazioni sociali). Considerando le cifre in ballo, i sindacati hanno fatto fuoco e fiamme pur di tenersi ben stretto il giocattolo. Nel 2005, sotto l'incalzare della Corte di Giustizia europea, convinta che il monopolio dei Caf rappresentasse una violazione ai trattati comunitari, il governo di Silvio Berlusconi aveva aperto la porta a commercialisti, ragionieri e consulenti del lavoro. Una manovra talmente timida che la Commissione europea ha inviato all'Italia una seconda lettera di messa in mora. Sull'argomento gli uomini di Bruxelles hanno preteso e ottenuto, ancora nel gennaio scorso, un vertice a palazzo Chigi. Concluso, naturalmente, con un niente di fatto.Intoccabili patronatiSe il monopolio dei Caf è sotto assedio, resiste saldo quello dei patronati, le strutture (quelle convenzionate con l'Inps sono 25) che assistono i cittadini nelle pratiche previdenziali (ma anche, per esempio, per la cassa integrazione e i sussidi di disoccupazione): una rete capillare, dall'Africa al Nordamerica passando per l'Australia, che alcuni sospettano abbia un ruolo non indifferente anche nell'indirizzare il voto degli italiani all'estero. Nel 2000 i radicali hanno lanciato l'ennesimo referendum abrogativo, ma si sono visti chiudere la porta in faccia dalla Consulta. Più di recente Forza Italia ha cercato, con un emendamento al decreto Bersani, di liberalizzare il settore. Se l'armata berlusconiana non fosse stata respinta con perdite, per il sindacato sarebbe stato un colpo mortale. I patronati, infatti, sono fondamentali per il reclutamento di nuovi iscritti tra i pensionati, che quando vanno a ritirarecal i moduli si vedono sottoporre la delega per le trattenute: "Con i patronati e gli altri servizi nel 2005 la Cgil ha raggranellato 450 mila nuove iscrizioni", sostiene Cazzola. Non bastasse, i patronati assicurano un gettito che non è proprio da buttare via: in pratica si dividono (in base al lavoro svolto) lo 0,226 del totale dei contributi sociali riscossi dagli enti previdenziali. A lungo questa cifra è stata calcolata solo sui contributi dei pensionati privati, per l'ottimo motivo che a quelli pubblici le scartoffie per l'assegno le ha sempre curate l'amministrazione (e proprio per questo motivo pochi di loro sono iscritti al sindacato). Poi, però, nel 2000, per gentile concessione del parlamento (con un voto a larghissima maggioranza) nel monte-contributi sono stati fatti confluire anche quelli dei lavoratori statali. E la cifra ha iniziato a lievitare: 314 milioni nel 2004, 341 nel 2005, 349 nel 2006. Solo l'Inps nel 2006 ha speso per i patronati (che ora, per arrotondare, si occupano anche del rinnovo dei permessi per gli immigrati) 248 milioni, 914 mila e 211 euro. Alla fine, secondo quanto risulta a 'L'espresso', l'Inca-Cgil ha incassato 82 milioni e 250 mila euro, l'Inas-Cisl 66 milioni e 150 mila euro e l'Ital-Uil 26 milioni e 600 mila euro.
Forza lavoro gratuita
È quella distaccata presso il sindacato dalla pubblica amministrazione, che continua graziosamente a pagarle lo stipendio. Compresi, e vai a capire perché, i premi di produttività e i buoni pasto. Oggi i dipendenti statali dati in omaggio al sindacato sono 3.077 e costano al contribuente (Irap e oneri sociali compresi) 116 milioni di euro. Ai quali vanno sommati 9,2 milioni per 420 mila ore di permessi retribuiti. Di regalo in regalo, per i dipendenti che utilizza in aspettativa, ai quali deve invece pagare lo stipendio, il sindacato usufruisce comunque di uno sconto: non paga i contributi sociali, che sono considerati figurativi e quindi a carico dell'intera collettività. Un privilegio che hanno perduto perfino le assemblee elettive (a partire dal parlamento). Ma i sindacati no.Business formazioneDall'Europa piove ogni anno sull'Italia circa un miliardo e mezzo di euro per il finanziamento della formazione professionale. In più ci sono i circa 700 milioni dell'ex fondo di rotazione, alimentato dallo 0,30 per cento del monte-contributi che le aziende versano agli enti previdenziali. Un tempo, non meno del 40-50 per cento di queste somme passava attraverso enti di emanazione sindacale, che non incassavano direttamente un euro ma gestivano comunque le assunzioni e la distribuzione degli incarichi. Oggi la concorrenza s'è fatta più dura. Ma i sindacati non mollano l'osso. Dieci dei 14 enti che si distribuiscono ogni anno circa la metà dei finanziamenti nazionali sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil.Casa mia, casa miaL'assenza di bilanci consolidati non consente di far luce sull'immenso patrimonio immobiliare accumulato negli anni dai tre sindacati confederali, cui lo Stato a un certo punto ha pure regalato i beni delle corporazioni dell'epoca fascista. Fino a pochi anni fa i sindacati non potevano possedere direttamente gli immobili: li intestavano a società controllate. La legge che ha consentito loro il controllo diretto ha garantito anche un passaggio di proprietà al riparo dalle pretese del fisco. Oggi la Cgil dichiara di avere, sparse per tutto il Paese, qualcosa come 3 mila sedi, tutte di proprietà delle strutture territoriali o di categoria. "Non so stimare il valore di mercato di un patrimonio che non conosco ma", afferma l'amministratore della Cgil, "deve trattarsi di una cifra davvero impressionante". La Cisl dichiara addirittura 5 mila sedi, tra confederazione, federazioni nazionali e diramazioni territoriali (pensionati compresi), quasi tutte di proprietà. La Uil è l'unica che ha concentrato il grosso degli investimenti sul mattone in una società per azioni controllata al 100 per cento. Si chiama Labour Uil e ha in bilancio immobili per 35 milioni e 75 mila euro (a valore storico; quello di mercato è tre volte superiore), ma non, per esempio, la sede romana di via Lucullo, che lo stesso tesoriere nazionale Rocco Carannante stima tra i 70 e gli 80 milioni di euro.Il fatto certo, alla fine, è che Cgil, Cisl e Uil sono ricchi. Quanto, però, nessuno lo sa davvero. "Ci sono situazioni che talvolta non sono pienamente trasparenti", ha scolpito Epifani lo scorso 27 febbraio. E però si riferiva allo scandalo del calcio.